Oggi ci sentiamo tutti molto meglio. Cera addosso una paura che finisse tutto a sette dalla fine dopo aver fatto il possibile, anche di più, per mettere un po di sprint a questo noioso campionato. Dai, ce labbiamo fatta, lInter le ha prese, due, quarta sconfitta di campionato, ne mancano sette, calendario non facilissimo anche se vale la vecchia regola: nelle ultime cinque meglio stare davanti e non confidare sugli altri. È precauzione pura perché è notorio che lInter abbia tantissimi amici in giro, perfino Bojinov a sorpresa e altre macchie qua e là sul territorio. E che non cominci a piangere, ai primi in classifica piangere non si confà cari miei, e non è vero che la stragrande maggioranza degli italiani ieri ha fatto festa. Certo Gianni Alemanno, il sindaco di Roma, ne ha tutto il diritto ed è stato quindi lesto a congratularsi: «Tutta la città si stringe intorno a questa bellissima squadra». Qualcuno si immagina la signora Letizia Moratti, sindaco di Milano e moglie di un Moratti, sganciarsi dal gessato palinsesto della laboriosa Milano e tradire laltra metà con un messaggio tanto compromettente?
Dai, quando dietro cè tutta una Capitale che si muove allunisono cè poco da fare, la moltitudine fa massa, crea un movimento di pensiero, e battere lallenatore maledetto va oltre la vittoria sportiva, qui cè giustizia, diciamolo, ieri si è fatta la storia altroché un semplice appuntamento con lo scudetto. E poi lInter non è una squadra italiana, nel senso che non rappresenta il calcio italiano perché non ha calciatore italiani. Non che ne servano chissà quanti, la Roma ne aveva quattro, bastano. Bisognerebbe avvisare la Uefa che insiste nel mettere una bandierina tricolore al fianco del suo nome, ma in fondo ci conviene per via del ranking europeo, cè la Germania a ruota, si rischia di avere una squadra italiana in meno al prossimo giro. In fondo ci fa gioco che quegli storditi dellUefa perpetuino nellerrore.
Adesso cosa può succedere, un vantaggio atomico è diventato un punto, Ranieri ha battuto Mourinho e ha dimostrato che niente al mondo è certo, niente è impossibile, qualunque persona al mondo si può far fuori, anche se ha bodyguards ovunque e amici potenti. Ieri si era addirittura sparsa la voce che ci fosse nientemeno che Stefano Palazzi a bordo campo, giusto per stare al fianco di Mourinho. Cera il capo della Procura federale della federcalcio insieme a quattro suoi scagnozzi, tutti lì per garantire lordine e lincolumità dello Special One. E non come hanno detto quelli in malafede, li conosciamo, che in realtà era lì per controllare da vicino Mourinho e i suoi gesti scurrili. Basta con questa menata dei complotti, ieri è stata partita vera, e lInter le ha prese, due. E al posto di lamentarsi per i tre pali, gli interisti farebbero meglio a capire che a loro è andata anche bene. Se avessero salvato la buccia allOlimpico allora sì che sarebbero state polemiche a mitraglia, con quel gol di Milito in fuorigioco chilometrico, tavole rotonde, sudditanze psicologiche e Mourinho che si richiudeva a riccio per altri sei mesi. E poi magari qualcuno tirava fuori altre storie dopo quella del passaporto, del sarto, della maglia, ci siamo intesi?
Comunque se José ricominciasse a parlare non sarebbe male, quellInter pareva muta e sembrava scesa dal torpedone con i panini al sacco, tutto compreso, visita ai ruderi, Mourinho davanti. Uno che a forza di tirarsela, gli è arrivata. Fa il silenzio stampa contro noi poveri italiani che in fondo cosa centriamo, dice che se parla gli ridanno tre giornate di squalifica e così il furbastro schiera Maicon, Etoo, Lucio e Zanetti tutti diffidati, ammoniti, e quindi squalificati con il Bologna, prossima di campionato. E questo sarebbe uno Special One?
Ricapitolando, la svolta è epocale.
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