Un fiasco lo «scudo» Onu per l’Unifil

Non funziona la «Cellula militare strategica» per garantire contatti diretti con le Nazioni Unite in caso di emergenza

Il governo Prodi l’aveva spacciato come un grande successo italiano, strappato alle Nazioni Unite, per la missione dei nostri caschi blu in Libano. Stiamo parlando della Cellula militare strategica (Smc) costituita ad hoc presso il Dipartimento delle operazioni di pace dell’Onu, che si sta rivelando un flop. La Cellula doveva garantire, in caso di problemi improvvisi o situazioni a rischio, un canale diretto con il Palazzo di Vetro, capace di far prendere decisioni urgenti e vitali per il contingente Unifil, di cui fanno parte anche da 2500 soldati italiani.
Una bella idea, se funzionasse, perché la Cellula strategica zoppica a tal punto da non essere in grado di svolgere le sue mansioni. Lo spiega, chi l’ha comandata, il generale di Corpo d’armata, Giovanni Ridinò, in una relazione pubblicata sull’Osservatorio strategico, la rivista mensile del CeMiss, il Centro militare di studi strategici. «In sintesi, per quanto di stretto interesse della Smc, allo stato attuale non esistono le condizioni perchè la stessa possa operare con la dovuta incisività, né tantomeno si possa parlare della Smc quale Comando Strategico (mancherebbe l’elemento fondante di ogni comandante: le forze, ovvero la riserva)» ha ripetuto Ridinò la scorsa settimana.
Il generale, che oggi guida il 1° Comando Forze di Difesa dell’Esercito a Vittorio Veneto partecipava al convegno “L’Onu e L’Italia: impegni e prospettive per la sicurezza”, organizzato a Roma dal Centro studi del senatore Luigi Ramponi di Alleanza nazionale. Ridinò, senza alcun accenno politico o polemico, ha esposto, dal punto di vista militare, i fatti puri e semplici. Ne esce un quadro disarmante tratteggiato da chi, fino allo scorso marzo, ha guidato la Cellula dell’Onu. «La struttura fin dal suo nascere ha avuto dei problemi per trovare la giusta collocazione in un ambiente poco favorevole alle cose imposte dall’esterno ed ha trovato forti resistenze palesi e occulte nel Dpko (Dipartimento per le operazioni di pace dell’Onu, nda) e anche al di fuori dello stesso», si legge nell’articolo-relazione di Ridinò.
Sembrerà incredibile, ma la stessa collocazione degli uffici di una struttura così delicata si è rivelato un problema. La Cellula è divisa in due, fra il Palazzo di Vetro e l’Uganda House, in attesa di accorparsi in quest’ultimo palazzo dell’Onu. Curioso che all’ingresso dell’Uganda House ci sia ancora una targa di ringraziamento a Idi Amin Dada, il sanguinario dittatore ugandese.
I problemi della Cellula, all’interno delle Nazioni Unite, sono stati subito evidenti sia dal punto di vista delle procedure, che di carattere amministrativo. Il direttore della Smc «pur avendo un grado più elevato del Comandante sul terreno di fatto è amministrativamente collocato in una posizione dirigenziale di livello più basso. L’incongruenza amministrativa – osserva Ridinò - si traduce in una incongruenza gerarchica e può implicare l’annullamento dell’autorità, che invece il Direttore della Smc deve avere per poter adempiere la propria missione».
Le conclusioni del generale Ridinò evidenziano quale sia il clima al Palazzo di Vetro nei confronti dei militari. Alla Cellula manca un vero e proprio supporto informativo. «Intelligence è, infatti, una parola che non trova molta accoglienza e tutto ciò che è connesso con le informazioni è generalmente legato alle fonti aperte e alle fonti diplomatiche. Si avverte, tuttavia, che l’esigenza di conoscere comincia ad essere percepita come una necessità per prevenire e pianificare in anticipo invece di attendere lo sviluppo degli eventi per poi rincorrerli», spiega Ridinò.
Inoltre, in situazioni di crisi, il Dipartimento non dispone di alcuna «riserva strategica» per intervenire in caso di difficoltà impreviste delle missioni a rischio come quella libanese.

Come se non bastasse «la struttura di vertice del Palazzo di vetro guarda con circospezione, tutto ciò che è “militare” o troppo “militare”...Vi è una forte riluttanza e grande sospetto se non addirittura forme di immediato rigetto, su tutto ciò che può essere ricollegato alla Nato...».

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