Fiat, ecco perché gli stipendi peseranno di più

«Agli operai Fiat di Mirafiori io dico: firmate l’accordo, vi conviene!». L’invito è di un sindacalista della Fim di Pomigliano, Gerardo Giannone, uno di quelli che si sono spesi per l’accordo nello stabilimento napoletano. Un «comunista eretico», che non si vergogna di pronunciare frasi come: «Il lavoro è una certezza, l’utopia un sogno», e di ricordare ai politici di sinistra che «la strategia della guerra eterna non aiuta ma affonda la classe operaia». Un comunista pragmatico. Aggredito in diretta tv dai colleghi della Fiom, durante una trasmissione di Matrix, ed escluso da Annozero «con varie scuse, ma ero sgradito»: il giorno dopo il Giornale titolò: «Le veline rosse di Santoro», riferendosi ai sindacalisti della Fiom «ammessi», invece, in trasmissione. «Gli pseudo comunisti mi vorrebbero morto», azzarda un po’, rivendicando la sua diversità.
Oggi Giannone, napoletano verace, torna a farsi sentire perchè la posta in gioco a Mirafiori è importante, più di Pomigliano. Borbotta, con ironia partenopea: «Marchionne è un grandissimo uomo d’affari. Uno che fa +30% in Borsa mentre perde il 30% del mercato vuol dire che c’ha le palle». E riconosce con distacco: «Non brilla per tatto e modi, è rude e crudo: ma è un uomo che dà certezze. Patti chiari e amicizia lunga».
Ma allora il nuovo contratto conviene? Gerardo estrae un foglio sul quale ha annotato tutto, punto per punto. Ma parte dal fondo: «Sì, l’aumento complessivo è di 142,28 euro lordi al mese per un operaio ex terzo livello, con 5 scatti di anzianità», che è come dire l’operaio al top della carriera. «Questo sulle voci base, senza calcolare maggiorazioni notturne, premi di produzione, anzianità, straordinari...».
Quant’è il netto in busta, alla fine? «Tra i 1.200 e i 1.600 euro netti senza straordinari, considerando una tassazione media del 23%». E gli straordinari quanto valgono? «Quello “principe“, il diciottesimo turno è di 170 euro netti, con tassazione agevolata al 10%. Questo vuol dire anche recuperare terreno rispetto agli operai di Francia e Germania». Quanto guadagnano, quelli? «Un tedesco almeno 4-500 euro più di noi».
A Pomigliano il nuovo contratto, sottoscritto il 29 dicembre, sta prendendo vigore mano a mano che i singoli dipendenti della «Fabbrica Italia Pomigliano» passano a firmare. In tutto di tratta di circa 5mila persone, 4662 operai, 287 impiegati e 85 dirigenti. Ma per ora hanno formalizzato solo poche decine, per un fatto un po’ paradossale: c’è il contratto ma non c’è il lavoro. «Per altri cinque, sei mesi siamo tutti in cassa integrazione. Ogni tanto la cassa s’interrompe, uno viene in fabbrica e a quel punto firma».
Entrando nel dettaglio delle voci, Gerardo fa notare come, oltre alle cifre, cambiano modello e terminologia della nuova busta. Il vecchio minimo contrattuale, 1395,44 euro, diventa «paga base» e sale a 1507,03. Cambia la configurazione della carriera. Esempio: il vecchio 3º livello diventa 2ª fascia, 5º gruppo, ma è questione solo di parole. Si azzerano gli scatti di anzianità fino al 5º e scompare il premio di produzione, di 27,839. Nasce, in compenso, il superminimo individuale (non assorbibile), che consolida la ex anzianità (125,25) e le cosiddette «festività armonizzate», 14,61 euro.

Vengono introdotti due incentivi: «alla prestazione», riservato ai più usurati operai della linea di montaggio, e «alla presenza». Quest’ultimo è di 31,36 euro ed è un modo «per incoraggiare il non-assenteismo». In altre parole, è il premio per chi lavora.

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