Stando ai primi dati, alla fine di questanno il consumo mondiale denergia sarà aumentato di un altro 2 per cento. Un balzo che ci porterà per la prima volta a superare la quota di 11 miliardi di tonnellate equivalenti petrolio (Tep). E se guardiamo indietro, ci accorgiamo che dal 2002 a oggi i consumi su scala planetaria sono cresciuti di ben 1,5 miliardi di Tep: come dire, più della domanda annuale della Cina. Adesso, invece, proiettiamoci nel prossimo futuro: secondo le stime degli esperti, entro il 2050 la popolazione terrestre sfonderà il tetto dei 9 miliardi di persone. Non ci vuole certo la sfera di cristallo per prevedere che a un simile, impetuoso trend demografico si accompagnerà unesplosione della domanda di energia. Energia che oggi, è bene ricordarlo, viene ricavata per l85% da fonti fossili, cioè da risorse esauribili e sempre più care, in termini non solo economici ma anche e soprattutto ambientali. Lo testimonia, se ancora ce ne fosse bisogno, laumento delle emissioni globali di anidride carbonica, cresciute fino a oltre 28 miliardi di tonnellate lanno contro i 24 miliardi scarsi del 2002.
Se è questa è la situazione, appare evidente che gli attuali tassi di crescita della domanda di energia sono insostenibili nel lungo termine. Occorre quindi correre ai ripari, riducendo il consumo di combustibili fossili. Come? Attraverso un sempre maggiore ricorso alle fonti rinnovabili quali il solare o leolico, che però oggi non sono ancora in grado di «pesare» significativamente sul mercato complessivo dellenergia. Ma anche, semplicemente, riducendo gli sprechi e risparmiando. In altre parole, puntando forte sullefficienza energetica per mettere fine alluso dissennato delle risorse che negli ultimi decenni ha accompagnato il crescente benessere di larga parte della popolazione mondiale.
Limpatto di una simile scelta, alla quale sono chiamati i governi, le imprese, i centri di ricerca e i privati cittadini, potrebbe essere formidabile. Per rendersene conto basta qualche dato: in base alle valutazioni dellAgenzia internazionale dellenergia (Aie), il solo miglioramento dellefficienza negli usi finali denergia (automobili, impianti di condizionamento, illuminazione) comporterebbe una riduzione delle emissioni nocive di poco inferiore ai due terzi. E sempre secondo lAie, lutilizzo di tecnologie più efficienti avrebbe come effetto «una riduzione di un terzo della domanda denergia elettrica, con un risparmio di combustibile equivalente a oltre la metà dei consumi attuali di petrolio entro il 2050».
Insomma, il potenziale di riduzione dello spreco è immenso. Soprattutto in quei Paesi industrializzati, Stati Uniti in testa, che sono i più voraci consumatori mondiali di petrolio (ogni americano ne brucia 26 barili lanno, contro i 12 del cittadino europeo e i due di quello cinese). Un esempio concreto? Oggi il parco automobilistico statunitense viaggia, in media, sette chilometri con un litro di carburante. Quello dei Paesi europei, sicuramente più avanti in tema di efficienza energetica, ne percorre circa 13. Dati alla mano, basterebbe convincere gli automobilisti americani ad acquistare vetture efficienti quanto quelle europee per risparmiare qualcosa come 4 milioni di barili di petrolio al giorno. Cioè lintera produzione dellIran, il terzo esportatore mondiale di «oro nero».
Da questa parte dellAtlantico, intanto, lUe ha lanciato in grande stile la sfida dellefficienza, fissando al 20% lobiettivo di riduzione dei consumi primari da raggiungere entro il 2020. Un target ambizioso, rispetto al quale però lItalia parte in buona posizione: con unintensità energetica di 0,13 Tep per mille dollari, infatti, ci posizioniamo oggi tra i migliori dEuropa, preceduti solo da Danimarca e Irlanda.
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