Fini si rimangia l’accordo sulle intercettazioni

Il presidente della Camera fa retromarcia e i suoi si appellano a Napolitano. Ma Berlusconi non ci casca: "Sbagliato coinvolgere il Colle per una questione interna". Intanto Silvio guarda all’Api di Rutelli, che vale 12 parlamentari. L’Osce contro il ddl. Frattini: inopportuno

Fini si rimangia l’accordo sulle intercettazioni

Roma - arà pur vero - come fanno notare le assidue smentite mattutine di Palazzo Chigi - che «l’ira non è un sentimento che appartiene a Berlusconi», ma di certo in questi giorni il Cavaliere è tutt’altro che di buon umore. L’ennesimo braccio di ferro con Fini proprio non se l’aspettava. Anzi, ad essere precisi non se l’aspettava così presto. Perché, spiegava in privato nelle ultime ore, abbiamo modificato il ddl intercettazioni in più punti e sul testo approvato dal Senato c’era il suo via libera. Invece, è il senso del ragionamento, in pochi giorni il presidente della Camera «ha fatto retromarcia». Ed è inutile ripetere cosa vada dicendo ai suoi il premier su Fini, perché alle volte l’immaginazione è più efficace di qualsiasi parola. Di certo, il fastidio del Cavaliere è amplificato dai continui richiami al Quirinale, dal fatto che i finiani - prima Bocchino e poi Briguglio - paventano uno strappo istituzionale con il Colle e invitano il Pdl alla ragionevolezza. Già, perché la convinzione di Berlusconi è che il presidente della Camera stia giocando una partita «esclusivamente politica». E per una questione che è tutta interna al Pdl - osserva con i suoi - arriva a tirare in ballo perfino Napolitano. Insomma - chiosa il premier con i suoi interlocutori - non vengano a parlare a me di strappi istituzionali.

Il muro contro muro sulle intercettazioni, dunque, va avanti. Con sfumature che superano il surreale se il dibattito politico italiano si focalizza sul fatto che un improbabile responsabile dei media dell’Osce (non il segretario generale o un suo vice) chiede all’Italia di rinunciare al ddl. Con tanto di replica della Farnesina che parla di «intervento inopportuno». Sul fronte interno al Pdl, invece, nonostante le distanze e la diffidenza ormai cronica tra Berlusconi e Fini si tenta la trattativa. Con Alfano, Ghedini, Bocchino e Augello che provano a tessere la tela. I quattro, racconta l’agenzia Apcom, avrebbero perfino buttato giù una bozza di un accordo complessivo che prevede la ricandidatura di Berlusconi del 2013, il congresso del Pdl nel 2012 e il 25% dei parlamentari a Fini nella prossima legislatura (mentre al Cavaliere più gli ex colonnelli di An resterebbe il 75%). Un’intesa dalla quale davvero non si capisce cosa porti a casa il premier, viso che una sua eventuale ricandidatura non è certo nella disponibilità di Fini. Una bozza a cui Berlusconi farà fare esattamente la stessa fine che il presidente della Camera ha riservato all’intesa di una settimana fa sulle intercettazioni.

Non è un caso che il Cavaliere abbia iniziato da tempo a guardarsi intorno. Ci sono stati contatti con Casini ma pure con Rutelli. Che, notava qualche giorno fa in privato il premier, «a differenza di tutti gli altri che stanno all’opposizione non ha mai avuto eccessi verbali nei miei confronti». Insomma, «una persona per bene».

Che con la sua Alleanza per l’Italia alla Camera conta otto deputati (anche se uno di loro è Tabacci che certo non sosterrà mai il Cavaliere) e quattro senatori. Poca cosa, certo. Ma basterebbe a rendere inoffensiva la pattuglia dei circa venti finiani che tanto sta facendo penare la maggioranza a Montecitorio.

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