Un flash book Tutti giù per terra per protestare leggendo un libro

La forma è quella di un grande cubo, a due passi dall’uscita della metropolitana di Lampugnano. La denominazione è di quelle care agli stereotipi della sinistra: «La casa delle culture del mondo». Fondata agli inizi del 2009 dalla Provincia di Milano, fu subito presentata come un piccolo fiore all’occhiello della giunta Penati: un centro dedicato all’attività artistica, didattica e ricreativa della variegata comunità degli immigrati a Milano. Di fatto, l’affidamento in gestione a un circolo Arci ne fece ben presto una sorta di porto franco afrolatino, dove le attività culturali consistevano prevalentemente in «happy hour meticci» e feste in lode alla multiculturalità e al tropicalismo. «Che oltretutto ci costavano 340mila euro all’anno» dice il vicepresidente della Provincia Novo Umberto Maerna che, una volta insediatosi, ha voluto vederci chiaro. «Ho ovviamente rispettato i contratti con sia con Arci Milano sia con l’associazione Farsi Prossimo. Alla scadenza del primo contratto, sono stato subissato di email da parte dei frequentatori dell’Arci che protestavano per la “morte della casa“». Ma non è andata esattamente così, anzi. L’assessore alla cultura ha risposto alle missive rassicurando gli autori che non soltanto la casa non sarebbe morta, ma avrebbe cominciato a vivere in modo utile al territorio e, soprattutto, nella legalità e senza sprechi. «In barba a chi ci tacciava di xenofobia, abbiamo iniziato a gestire direttamente il centro, tagliando le spese e trasformando il bar Arci in un vero desk per la reception degli utenti stranieri, ovviamente soltanto i regolari». Con l’obbiettivo di una campagna di integrazione. «Diciamo seguendo una via italiana (e non demagogica) all’integrazione, con l’istituzione di incontri e corsi per l’apprendimento delle nostre leggi, della lingua, della Costituzione e del lavoro. Da quando siamo partiti, la casa accoglie finalmente, a costo zero, solo ragazzi stranieri con regolare permesso che aspirano a diventare cittadini italiani». Lo spazio è aperto a tutti i consolati, alle associazioni culturali e ha avviato un programma di convegni mostre che, in questi giorni, vede esporre una personale dell’artista russa Ludmilla Radchenko. L’esperienza con la Casa delle Culture del mondo, sottolinea Maerna, dimostra che è possibile resistere ai tagli alla cultura ottimizzando le risorse. «Quest’anno abbiamo ridotto i fondi per l’integrazione culturale da 170mila a 60mila euro, ma senza tagliare le attività. Alla Casa delle culture abbiamo confermato il contratto con l’associazione Fare Prossimo, a dimostrazione che non abbiamo preclusioni nei confronti di chi ha un’estrazione politica diversa dalla nostra». A proposito di politiche culturali, Maerna lo scorso anno fu oggetto di una polemica da parte di alcuni teatri milanesi. «Fu totalmente strumentale, in realtà volli solo mettere la parola fine ad alcuni monopòli, aprendo a tutti ma facendo scelte chiare che rispecchino valori universali in cui ci riconosciamo. È la ragione per cui, ad esempio, abbiamo deciso di lanciare la Giornata del Ricordo in memoria delle Foibe e anche quella che commemora la caduta del Muro. Per quanto riguarda l’iniziativa Invito a teatro, sono intenzionato a rilanciarla estendendola anche ai teatri di provincia». Malgrado le inevitabili limature al bilancio, l’assessore sta mettendo a punto un articolato programma dedicato al 150mo anniversario dell’Unità, coinvolgendo i comuni della Provincia con lo stanziamento di 200mila euro.

«Dall’inizio di febbraio -dice Maerna- ho attivato un ciclo di incontri (tutti i lunedì e i sabati) con i sindaci, con l’obbiettivo di rendere omogeneo il programma delle iniziative sul territorio che possiamo finanziare all’80 per cento. A Milano, invece, abbiamo già in calendario un convegno e una mostra (Hayez) a Palazzo Isimbardi che, ogni seconda domenica del mese, è aperto a tutti i cittadini».

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