Cultura e Spettacoli

Floreani, i numeri del taoismo

Floreani, i numeri del taoismo

Ottantuno è il Numero celeste del taoismo che corrisponde al cielo. «Ottantuno» è il titolo della mostra di Roberto Floreani che torna a Milano sei anni dopo la rassegna alla Galleria del Credito Valtellinese («Memorie»), dedicata a Ezra Pound. Con la nuova mostra allo Spazio Contemporaneamente di viale Pasubio («Ottantuno», fino al 7 gennaio, a cura di Beatrice Buscaroli, catalogo PubliPaolini, con un testo del poeta Davide Brullo), Floreani presenta quindici tele inedite, appositamente concepite per l’essenziale spazio espositivo. Grandi cerchi ricorrenti, in tinte neutre, colature improvvise di colore, improvvisi squarci, barbagli di arancio, di azzurro, di viola, di giallo a rompere la monocromia della superficie pittorica, realizzata con la particolarissima, preziosa tecnica messa a punto dall’artista.
Ormai riferimento imprescindibile della ricerca aniconica italiana, Roberto Floreani prosegue un suo percorso volto a portare l’attenzione sulla spiritualità dell’arte «o meglio - dice lui - per parlare dell’opera d’arte come portatrice di un messaggio di natura spirituale». Significativo in questo senso, anche il tema della sua precedente mostra nel 2003 al Museo Revoltella di Trieste: «Ritorno all’Angelo».
Ma la ricerca di Floreani si rivolge anche alle altre voci del Novecento che da versanti diversi e opposti danno espressione allo stesso messaggio. Ed ecco citati in mostra con i loro ritratti Yves Klein, che come Floreani ha un rapporto con l’Oriente (è anche lui un esperto di arti marziali)e la cui fisicità non esclude il messaggio spirituale, Mark Rohtko, che ha veicolato l’emozione allo stato puro, Hermann Nitsch che ha affrontato la religiosità nell’arte e Josef Albers il cui minuzioso lavoro supera concettualmente l’opera d’arte stessa.


Anche in Floreani la dimensione spirituale del cerchio (forma perfetta e pura che rimanda alla circolarità della vita) è rotta dalla fisicità delle colature, dei rilievi, è spezzata dalle improvvise accensioni cromatiche che irrompono come irrompe nel silenzio dello spazio il grido della materia vivente.

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