Da Fmi e Ue allarme crescita La Spagna ancora sotto tiro

La preoccupazione è la stessa: un blocco della crescita economica. Condiviso da Fondo monetario internazionale e Commissione europea, l’allarme non è certo da trascurare. Se Washington vede nella volatilità dei mercati un elemento di disturbo all’espansione, Bruxelles non nasconde le insidie legate al forte indebitamento di alcuni Stati. Ma è del tutto evidente lo stretto legame tra la situazione precaria delle finanze pubbliche e l’umore instabile dei mercati. Sciolto il primo nodo, si risolve anche l’altro.
L’operazione è resa però complicata, per esempio, dal continuo rincorrersi di indiscrezioni sulla Spagna. Da circa una settimana, è pressoché quotidiano il gossip secondo cui Madrid è alle corde. C’è chi giura sull’inevitabile riproposizione in salsa iberica del caso Grecia. Ieri, per la prima volta, è circolata anche la cifra che salverebbe la Spagna dalla bancarotta, riportata dal quotidiano spagnolo El Economista: 250 miliardi di euro (più del doppio rispetto ai 110 miliardi accordati ad Atene) che Fmi ed Europa, assieme ai tecnici del Tesoro Usa, starebbero mettendo insieme. La notizia è stata liquidata da Bruxelles con un lapidario «è spazzatura», definita «un’ipotesi destituita di qualsiasi fondamento» da una portavoce del Fondo, mentre il premier José Luis Zapatero è intervenuto per garantire che la Spagna è «un Paese solido, forte, che vanta credibilità internazionale» e in grado di onorare i suoi debiti. Di sicuro, oggi Dominique Strauss-Kahn volerà a Madrid. Missione d’emergenza? «Una normale visita di lavoro», ha replicato il numero uno del Fmi, senza riuscire tuttavia a convincere del tutto i sospettosi.
C’è un’altra indiscrezione che riguarda la Spagna: quella secondo cui la Bce non sarebbe in sintonia con i governi di Eurolandia sull’impiego del fondo salva-Stati da 750 miliardi. Jean-Claude Trichet, presidente dell’Eurotower, avrebbe puntato i piedi pretendendo un chiaro impegno a sostenere la Spagna nel caso in cui Madrid dovesse avere problemi di rifinanziamento del debito pubblico (ieri lo spread tra bond iberici a dieci anni e Bund tedesco è salito a 2,23 punti percentuali). I 16 vorrebbero invece un ricorso al fondo legato solo a situazioni fortemente critiche e non come uno strumento per differire le misure di aggiustamento dei conti.
Bruxelles, d’altra parte, sta seguendo con preoccupazione il processo di risanamento dei bilanci statali. A questo proposito, in serata la richiesta italiana perchè venga preso in considerazione il debito privato, oltre che pubblico, è stata sostanzialmente accolta nell’ultima bozza delle conclusioni del Vertice Ue dove è stato aggiunto il riferimento al «carattere sostenibile del debito».
Appena 24 ore dopo aver approvato le misure supplementari anti-deficit varate da 11 Paesi dell’Eurozona, ieri la Commissione Ue è tornata a mettere l’accento sul livello di indebitamento, destinato a salire quest’anno e anche oltre il 2011.
Quest’incapacità di incidere non è priva di conseguenze: a un debito crescente corrisponde un aumento dei premi di rischio che i Paesi pagano sui titoli pubblici. Un circolo vizioso. Se la questione non verrà «affrontata con urgenza» dai governi, viene detto nel Rapporto 2010 sulle finanze pubbliche, la ripresa economica potrebbe essere definitivamente compromessa.
Rischi per la crescita, ma su scala mondiale, vengono prospettati dal Fmi.

In un documento presentato al G20 d’inizio giugno in Corea del Sud, gli esperti di Washington sottolineano come lo stress sui mercati finanziari, che riflette il timore degli investitori sulla sostenibilità di bilancio dell’Europa, possa avere ripercussioni sulla ripresa economica, riducendola.

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