Ma la forza del cattolicesimo è far centro sui credenti

Sono duemila anni che il cristianesimo continua a fagocitare i simboli del paganesimo

Ma la forza del cattolicesimo è far centro sui credenti

In punta di dottrina ciò che è ac­caduto a Como, il vescovo che si dice amico di Babbo Natale per strappare la simpatia e la confidenza dei bambini e portare loro più facilmente il messaggio evangelico, può lasciare perplessi tutti i cattolici di ferro i quali, da ge­nerazioni, distinguono con deci­sione incrollabile e precisione teo­logica tra Gesù Bambino e Santa Klaus. Da una parte il cristianesi­mo sentito, la tradizione, i simboli millenari, la fede, il dono. Dall’al­tra il cristianesimo subìto, il folklo­re, le icone della modernità, il mer­cato, i regali.

Un conto è il logos di Dio, un al­tro il logo della Coca-cola. Su que­sto il cristiano intransigente, per definizione, non transige.

Ma il cristianesimo, e il cattolice­simo in particolare, come è noto, non è solo intransigenza, dottrina, Verbo. È anche duttilità, interpre­tazione, parabola. Il dogma è invio­labile, ma come lo si professa di­pende dalla situazione, gli uomi­ni, le condizioni del momento o del tempo. Si chiama capacità di parlare all’«altro».Cosa nella qua­le Santa Romana Chiesa è mae­stra di vita. Da duemila anni a que­sta parte.

Da duemila anni a questa parte, lentamente ma inesorabilmente, la Chiesa ha fagocitato i simboli e i personaggi e i luoghi del paganesi­mo. Trasformandoli, «trasfiguran­doli », in-verandoli. E facendoli propri. Ha costruito le sue catte­drali sui templi di Giove (e ancora oggi sul frontone delle chiese si leg­gono le lettere I O M, acronimo di Iuppiter Optimus Maximus ), ha usato date come quella dell’antica religione romana del Dies Natalis per farne la propria festività più im­portante, ha completamente «ri­letto » la rappresentazione del trionfo imperiale in quella del Cri­sto trionfante... e così in sæcula sæculorum. Perché strapparsi le sacre vesti se qualcuno, fosse pure o fosse proprio, il pastore della co­munità, sceglie di «spacciarsi» per amico di San Nicola-Santa Claus, sovrapponendosi alla figura di Babbo Natale, per poter arrivare nel modo più diretto possibile al cuore dei bambini? I quali, ricono­scendo un «amico», si fideranno e lo ascolteranno più facilmente. L’importante,come sanno i mon­­signori, il Papa e l’ultimo prete di periferia, non è come si porta ai fe­deli la Parola. L’importante è por­tare la Parola.

E allora è lecito “sfruttare” un’icona popolare e amata come Babbo Natale pur di far arrivare il messaggio che davvero importa. Ed è lecito approfittare di una figu­ra immediatamente riconoscibile per invitare la comunità ad «ama­re di più», a regalare oltre che i do­ni consueti e consumistici anche l’Amore.

Santi, Pontefici, padri della Chie­sa e uomini dalla fede incrollabile non si sono scandalizzati davanti alla sovrapposizione dei culti cri­stiani ai culti pagani, passando dal­la festa della rinascita del Sole al Natale di Nostro Signore pur di fa­re arrivare la novella del Cristo a migliaia poi milioni poi miliardi di persone attraverso i secoli e le ge­nerazioni. Come possiamo stupir­ci, noi, se un monsignore che in­dossa un abito color rosso cita una leggenda globale per conquistare i bambini locali?

Il vescovo di Como non ha volu­to­sovvertire due millenni di dottri­na cattolica, non ha ceduto terre­no a una pericolosa idea consumi­sta e folkloristica del Natale che prefigura l’imminente crollo dei valori tradizionali cristiani. Ha sol­tanto usato il linguaggio popolare e le icone dell’immaginario collet­tivo per ripetere, in modo nuovo, che «Dio è bontà» e che Santa Claus, quello vero, ci ricorda «la gioia del dare con amore».

Ritornando, peraltro, alle origi­ni, se è vero - come si racconta ­che il vescovo San Nicola della cit­tà di Myra, antica città della Licia, esortò i preti della sua diocesi a dif­fondere il cristianesimo là dove i bambini non avevano la possibili­tà­di recarsi nelle chiese per il fred­do invernale. E disse loro di pre­sentarsi dai più piccoli portando un regalo e, insieme, la Parola di Cristo. I parroci, allora, indossaro­no un pesante soprabito rosso ed entrarono con un sacco pieno di doni nelle case dei bambini.

San Nicola. Sanct Nikolaus. San­cta Klaus.

E infine, dopo che nel 1863 il disegnatore americano Thomas Nast trasformò l’immagi­ne del vescovo in quella del vec­chio barbuto con un abito rosso, Babbo Natale. A dimostrazione che tutte le vie ri portano a Dio.

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