Francesca perde da signora ma se c’era il moviolone...

«Devo fare i complimenti a Na Li, se l’è davvero meritata». Nel paese del calcio forse qualcuno deve aver pensato che Francesca Schiavone fosse impazzita, eppure è proprio finita così. Ma come: sì, ok, aveva appena perso 6-4, 7-6 la finale del Roland Garros. Beh, sì, anche, il tie break è finito 7-0. Però... Ma insomma: quella palla chiamata dentro sul 6-5, 40-40 che sarebbe diventata un set point? Quel tiro della cinese che l’occhio di falco della tv francese ha poi chiarito che era fuori? Ma insomma: neanche una protesta? Neppure un processo? Niente? «Brava Na Li, ha giocato bene e io non sono mai riuscita a metterla in difficoltà».
Meno male, è finito così il sogno di Francesca, mentre in tv ci si aggrappava all’errore dell’avvenente arbitra, cercando un appiglio da moviolone. È finita così perché era più giusto, Francesca non potrà entrare nella galleria di quelle che hanno vinto il Roland Garros due volte di fila, ma ha vinto in sportività e onestà, perché il match per cui si sentiva tanto ottimista è stato sempre una inutile rincorsa. Con due soli sussulti: quando nel secondo set ha recuperato un break di svantaggio e quando è arrivata la palla da moviolone. Per il resto Na Li ha comandato, ha domato il frullone - così come la Schiavone chiama il suo diritto - e ha azionato il frullatore. In salsa orientale. «Avrei dovuto accelerare di più anziché contenerla - dirà poi Francesca -, ma parliamo di piccole cose sul suo livello che è stato ottimo. Ho provato a mettere una marcia in più sulle prime palle giocate, lei non ha tentannato, ha preso quello che le spettava». Niente spettacolo, insomma, niente «another show», come chiedevano le magliette del suo clan in tribuna, chiassoso al limite da indispettire il nasino dei francesi. Conclusione: «L'impatto della vittoria è differente rispetto a quello della sconfitta, ma sono felice di essere qui perché capisco quanto sia importante quello che ho fatto lo scorso anno».
E così mentre alla fine con la coppa del Roland Garros in mano Na Li ha ricacciato dietro le lacrime, perché forse è poco cinese, prendendosi una piccola rivincita («dicevano che non ero capace di giocare sulla terra rossa...»), dall’altra parte la Schiavone spiegava quello che già in campo aveva detto ad alta voce. Ovvero che non ci riusciva. «Non riuscivo a spingerla via dalla linea di fondo, non riuscivo a fare il mio gioco, non riuscivo. Però sono felice di aver giocato la finale e non dimenticherò mai nessuno dei giorni che ho passato qui in queste due settimane». ... Così parla una campionessa, anche quando è arrabbiata.
Perché poi, ovvviamente si ritorna sulla palla del moviolone, quella che - si dice così - avrebbe potuto cambiare la partita. Lo afferma subito il presidente federale Binaghi dopo una serie di «abbiamo fatto una finale al Roland Garros», «abbiamo perso una grande battaglia», «abbiamo...»: «Francesca stava giocando tutti i punti come fossero matchpoint, quella situazione l’ha smontata definitivamente». Lo dicono i commentatori in tv: «L’occhio di falco dice che...», «si sarebbe potuto...», eccetera, eccetera. Poi però per fortuna arriva Francesca e chiarisce: «Io non rubo le palle se la palla è fuori è fuori ed io la chiamo, non rubo! Se la chiamo fuori.. era fuori. Però come faccio a contestarla? Poi ti arrabbi e fai fatica a tornare in partita, giochi a tennis e guardi avanti. È comunque un bell'errore, starà al torneo di rivedere la partita e valutare la chiamata. Io al terzo set avrei vinto». Insomma, Francesca, ti senti derubata? «No, una palla non fa la differenza. Quando l’arbitro ha deciso che la palla era dentro non ha fatto la differenza. Perché poi ho giocato altri 6/7 punti e li ho persi tutti...».
E allora, mentre Li Na conclude con ironia tutta cinese («Non tornerò a casa prima di Wimbledon: magari se perderò male li, la gente si sarà pure scordata di me. Nel mio box avevano tutti la stessa maglietta, c’era scritto “Sii te stessa”.

Me l'ha fatta la Nike prima del torneo, ma ne hanno distribuite solo una decina per il mio team: ne occorreranno altre adesso...»), si può finalmente essere d’accordo con Binaghi: «L’Italia ha una grande campionessa con un grande cuore: tutto il Paese deve essere fiero di lei». Noi tutti lo siamo, e non solo quelli del paese del tennis.

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