La Cgil vuole che i negozi restino chiusi per qualsiasi festa. Compreso il primo maggio, quando a Roma convergeranno milioni di persone da tutto il mondo per la beatificazione di papa Giovanni Paolo II, oltre che le centinaia di migliaia di affezionati al concerto dei sindacati in piazza San Giovanni. Savino Pezzotta, ex segretario della Cisl ora deputato dellUdc, cattolico convinto (è anche membro del Pontificio consiglio della giustizia e della pace), è uno che di manifestazioni se ne intende per averle organizzate da sindacalista e da promotore del Family Day nel 2007. Ma oggi dice: «Ci vuole flessibilità, non possiamo mandare i pellegrini a mangiare in riva al Tevere».
Onorevole Pezzotta, nelle prossime feste i negozi devono restare chiusi a tutti i costi, come vuole la Cgil?
«Non capisco questa fobia per le feste. E poi quelle dei prossimi giorni sono feste importanti, continuo a credere che comunichino valori fondamentali: lo dico anche come figlio di un militare che rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò è finito in un campo di concentramento e lì è morto. Io voglio onorare la memoria di mio padre e di tutti coloro che sono morti per la libertà. Il 25 aprile per me è una giornata importantissima e agli italiani va ricordata».
E il primo maggio, con la beatificazione del Papa?
«È una giornata bellissima: il Papa beato, la festa di san Giuseppe lavoratore, la festa internazionale del lavoro, e facciamo festa! Oggi il lavoro che è così deprezzato, poco pagato, precarizzato: almeno richiamiamo il suo valore più vero celebrando questa festa che è nata per questo. A me sembra che stiamo entrando in un mondo strano, senza memoria».
Ma secondo lei è giusto lasciare i negozi chiusi a Roma nonostante due milioni di pellegrini che potrebbero avere bisogno di qualsiasi cosa?
«Io ho ricordato le norme e le regole. Se ci sono feste, si festeggia. Se poi ci sono esigenze particolari, ci si siede, si discute e si vede come ovviare a queste esigenze. Non sarebbe la prima volta, fu fatto con il Giubileo e altri eventi. È a Roma il problema? Si affronti il problema di Roma. Ma è una questione particolare».
Quindi Vaticano, sindaco e sindacati dovrebbero avviare una trattativa una settimana prima dellevento?
«Io non so a chi tocca affrontare queste questioni. Ma non è che, siccome a Roma cè un problema, allora aboliamo la festa in tutta Italia. Mi sembra un modo di ragionare sbagliato».
Insomma a Roma ci vuole flessibilità, non il rigore della Cgil che vuole tenere le serrande abbassate a tutti i costi.
«Un po di flessibilità non la nego. Se venisse unalluvione non è che dico: facciamo festa, ma rimbocchiamoci le maniche. Cè unevenienza, unemergenza, una necessità? La si affronta per quello che è nel modo in cui si manifesta. Magari si tiene aperto a Roma e non a Milano».
Lei vuole valutare caso per caso.
«Se ci sono esigenze particolari si affrontano per quello che sono. Un po di laicità ci vuole in tutte le cose, o no?».
Ma vogliamo lasciare chiusi bar, ristoranti e negozi per i fedeli che vengono da tutto il mondo per il Papa beato?
«Se a Roma ci sono milioni di pellegrini, bisogna pur rispondere alle loro necessità. I ristoranti non è che li posso a chiudere, dovè che li mando a mangiare, sulle rive del Tevere?».
Appunto.
«Comunque il valore della festa del primo maggio va mantenuto. Sono convinto che un po di feste fanno anche bene, perché così la gente impara a stare insieme, a condividere alcune cose, magari anche a volersi un po più di bene. Le feste non le hanno inventate a caso, ma perché una comunità avesse un momento per ritrovarsi.
Flessibilità solo per il primo maggio o anche il 25 Aprile?
«Il 25 Aprile non si tocca. È anche Pasquetta, un giorno in cui si è sempre fatto festa. Non si stampano neanche i giornali».
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