«Furti e spaccio, le piaghe della città»

Negli anni Settanta Milano ha vissuto un periodo drammatico. Era l’epoca del terrorismo, delle violente manifestazioni, delle bande e dei sequestri. I cittadini avevano paura. Per quanto oggi la situazione sia radicalmente cambiata, il tema della sicurezza è sempre all’ordine del giorno, ci si sente in pericolo aspettando il tram o dal tabaccaio. Sono preoccupazioni esagerate? Abbiamo posto la domanda al tenente colonnello Paolo Ferrarese, comandante del reparto operativo di Milano e del Comando provinciale dei Carabinieri.
«È inutile nascondere che la delinquenza esiste. I fatti che accadono li leggiamo quotidianamente, anche se si deve tener presente che Milano è una città con oltre 1.300.000 abitanti e con un’alta concentrazione di stranieri tra i quali molti irregolari. È indubbia l’esistenza di un parallelismo fra clandestinità ed esposizione al rischio d’illegalità. Chi non è in regola ha bisogno di mezzi di sostentamento e quindi è spinto a compiere reati. L’associarsi poi di altre forme di criminalità può far sorgere un senso di insicurezza nei cittadini, ma occorre tener presente che Milano è tra le città in cui il rapporto tra forze di polizie e cittadino è elevato».
Ci sono ancora rivalità fra le forze dell’ordine che in passato hanno nuociuto alla funzionalità operativa?
«No. Milano è una città che può insegnare molto. Vi è una suddivisione del territorio fra carabinieri e polizia. Ciò consente di distribuire omogeneamente le risorse operative, mettendoci così nella condizione di fare intervenire sul posto le auto più vicine al luogo dove si è verificato l'evento. La nostra centrale operativa è collegata in videoconferenza con quella della polizia di stato per cui in tempo reale siamo in grado di segnalarci le zone dove occorre essere presenti».
Il problema essenziale della sicurezza è costituito dalla microcriminalità, dai furti in appartamenti, dagli scippi...
«La criminalità cosiddetta “predatoria” permane tra i fenomeni delinquenziali più allarmanti e che maggiormente gravano sulla situazione della sicurezza pubblica. Furti e rapine costituiscono la maggioranza dei reati denunciati ed insieme allo spaccio di sostanze stupefacenti, suscitano maggior allarme sociale. Essi possono essere ricondotti al profilo di un soggetto criminale scarsamente organizzato, ma proprio per questo più sfuggente e legato, nella maggior parte dei casi, alle sacche di emarginazione sociale connesse con il consumo di stupefacenti e con l'immigrazione clandestina».
Affrontiamo un altro aspetto della sicurezza: quello delle indagini. Nel passato c’erano i lunghi interrogatori, c’era il fiuto, l'intuito del commissario - anche di tradizione letteraria - che riusciva a far confessare il delinquente. Oggi sembra che tutto sia stato sostituito dalla tecnologia. Voi avete i famosi Ris di Parma. Affidarsi a strumenti di accertamento sofisticati non rischia di far mancare l’elemento umano tanto indispensabile per trovare la verità?
«Le ricerche sulla scena del crimine hanno un importantissimo ruolo sul giudizio processuale, ma non prescindono dalle investigazioni tipiche della polizia giudiziaria che interagiscono con quelle tecniche. Abbiamo ancora degli investigatori di vecchio stampo, con una “coscienza investigativa”, che credono fermamente nell'importanza della propria attività. Non possiamo fare a meno di queste figure».
C’è un altro elemento di turbativa che può portare ad episodi dannosi. Penso ai giovani che in alcune zone della città la sera eccedono nel bere, le cosiddette movida...
«Sono giovani che nel divertimento vanno oltre misura, con la conseguenza di provocare alterchi, risse, danneggiamenti, veicoli, per non dire del disturbo alla quiete pubblica. Controlliamo tali comportamenti e i nostri servizi sono presenti in zone come Corso Como, Viale Montenero, vale a dire nei quartieri dove si formano gruppi una volta chiamati “teppisti”. Il patto per “Milano sicura” consente alle forze dell’ordine di discutere in prefettura tali problematiche assieme ai rappresentanti delle circoscrizioni. Bisogna però tener presente che i problemi della sicurezza sono numerosi e richiedono un impegno sempre maggiore».


Ha l’impressione che gli irregolari stranieri temano le nostre forze dell'ordine?
«A volte ci imbattiamo in persone che tengono un atteggiamento oltraggioso, altre volte in soggetti remissivi e ci capita di fermare più volte le persone che si sono sottratte alle sanzioni che puniscono lo stato di clandestinità».

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