Gaber riveduto e (s)corretto nell’omaggio di Luca e Paolo

Gaber riveduto e (s)corretto nell’omaggio di Luca e Paolo

(...) è identica a quella di oggi. Anche quella politica». E lo spettacolo lo fa capire subito. Il prologo difatti è la «Sedia da spostare», un testo che è la favolosa premonizione di quanto accade proprio in questi mesi a Palazzo Chigi e dintorni. Cantava Gaber: «Al punto in cui siamo, non resta che affidarsi a una figura autorevole e competente, forse un tecnico. Magari di destra appoggiato dalle sinistre». Tanto per capirci, il testo è del 1994...». Noi abbiamo preso poco del Gaber politico perché tanto lui è politico in tutte le sue canzoni. La sua è una forma di anarchia ragionata che, anche parlando della vita di coppia, riesce a essere intimamente politica». E allora partendo da «Algebra» attraverso la favolosa «La peste» per chiudere con l’immancabile «Barbera & champagne», lo spettacolo diventa una sorta di lungo omaggio a quello che si è rivelato essere il più puro dei nostri (chiamiamoli così) cantautori. Non si è piegato al vento della politica, come gli avrebbe potuto far comodo. Non ha ceduto alle tentazioni del pop di facile presa. E oggi è ancora come ieri: autorevole e incontaminato al punto che tutti gli artisti si avvicinano a lui con una reverenza e un rispetto che altrimenti non avrebbero. Oltretutto, per Luca e Paolo, che sono genovesi sempre orgogliosi di esserlo, Giorgio Gaber è stato un autentico ispiratore: «Non avremmo fatto questo mestiere se un giorno della nostra vita non lo avessimo incontrato. Lui ci ha consigliato di scrivere i nostri testi e così abbiamo fatto». Ora che sono nel bel mezzo di questa avventura, ammettono che «all’inizio eravamo un po’ titubanti, ma poi abbiamo iniziato a lavorarci e, a poco a poco, questa impresa ci ha preso la mano. Ma in fondo questo spettacolo è nato da una forma di enorme rispetto per lui». E, quando sono in scena, il rispetto si coglie da vicino. Di solito scanzonati e persino irrispettosi, Luca e Paolo alla corte del Signor G cambiano molto. E gigioneggiano per quasi due ore, togliendo al teatro canzone di Gaber la sua inimitabile gestualità ma aggiungendoci quel tocco da ispidi quarantenni che lo rende ancor più verace. Insomma, alla fine l’esperimento è riuscito e corona l’ennesimo anno d’oro di questa coppia di comici, che ha raggiunge gloria anche per sottrazione. Per la prima volta non sono più Iene (dal nome del programma di Italia Uno che hanno condotto per anni). Ma, cedendo il posto a Luca Argentero ed Enrico Brignano, hanno conquistato il rimpianto della critica e pure dei telespettatori, almeno a giudicare dagli indici d’ascolto. «Ma non ci piace parlare dei nostri colleghi», dicono. A loro, in effetti piace di più criticare la realtà, magari scherzandoci su. E non prendendosi mai sul serio.

Come quando commentano la (quasi) conclusiva «Mancano i maestri» con una lapidaria dedica a Gaber: «È una canzone che abbiamo scritto e che gli dedichiamo per dirgli che la sua generazione avrà anche perso, ma la nostra non ha neppure toccato il pallone». Ecco.

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