Gang straniere e le leggerezze dell'Antimafia

M a davvero i vertici della Procura pensano che serva l'accento siciliano o calabrese per poter fare parte del Gotha criminale? Davvero, nel 2016, si continua a ritenere che le gang arrivate dall'estero siano malavita da strada e non un fenomeno organizzato e micidiale, già oggi in grado di controllare pezzi di territorio? La retata di ieri, con i trentuno arresti eseguiti dalla Mobile dice due cose sgradevoli.

La prima è che il fenomeno sudamericano è stato sottovalutato a lungo; il secondo che è necessario che il traffico di droga torni ad essere, come prevede la legge, tra gli obbiettivi del pool antimafia che invece lo considera apertamente un reato minore e preferisce occuparsi di clan italiani dall'oggetto sociale spesso un po' vago. Il risultato è che spesso le forze di polizia sono costrette a non contestare ai narcos il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, altrimenti il fascicolo finirebbe sotto la direzione del pool antimafia e lì catalogato tra le frattaglie.

Così accade la stranezza che la retata di ieri sia opera del lavoro meritorio di un pubblico ministero del dipartimento reati economici, specializzato nei processi per amianto che questa indagine ha diretto rubando il tempo alle altre inchieste, alle udienze, ai turni di notte.

Anche in questo caso, si è scelto di non formulare l'accusa di associazione a delinquere, nonostante la solidità e la stabilità dei vincoli appaia evidente. Questo ha reso più difficile le indagini, perché ha ridotto ai minimi i termini per le intercettazioni telefoniche, ma ha permesso che il pm potesse mantenere la gestione dell'inchiesta.

Ma non può essere questa la strada giusta perché la lotta ai signori del traffico di morte risulti efficace.

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