Il Garante si arrende: «La situazione ormai è ingovernabile»

L’intervento dell’Autorità non basta a tamponare i danni provocati da Visco. Pizzetti: «Devono darci spiegazioni»

da Roma

Alla fine anche il Garante per la Privacy ha gettato la spugna. Non c’è Autorità che possa arginare né tantomeno bloccare la diffusione delle liste con nomi e relativi redditi di tutti i contribuenti. L’Agenzia delle entrate le ha inserite per un po’ nel suo sito Internet e il popolo della rete ha fatto il resto. «Poche ore» sui server del governo per mettere in moto un meccanismo virale che ha diffuso e consegnato ai posteri i redditi 2005 degli italiani. Con buona pace del diritto all’oblio riconosciuto anche ai criminali. La resa dell’Authority guidata da Francesco Pizzetti è arrivata ieri sera con un comunicato ufficiale. «La diffusione in internet, anche per poche ore» rende «ingovernabile la circolazione e l’uso di questi dati così come la loro stessa protezione». Quello che è successo, «conferma quanto paventato dal Garante privacy e l’opportunità del suo intervento volto a far sospendere la pubblicazione sul sito dell’agenzia delle entrate dei dati». In sostanza, la frittata è fatta. Ma questo non significa che chi è in possesso degli elenchi li possa condividere liberamente. «La loro ulteriore diffusione può esporre a controversie e conseguenze giuridiche».
Il Garante ha deciso di non fare sconti al fisco e di rimettere a Vincenzo Visco le sue responsabilità. Adesso spetta all’Agenzia delle entrate spiegare il perché di quella scelta. Il ministero dell’Economia ha preso tempo e ieri ha fatto trapelare che i chiarimenti richiesti arriveranno entro la prossima settimana. Troppo tardi secondo il Garante, che vuole tutte le informazioni «entro lunedì». Tabella di marcia sulla quale Pizzetti non accetterà deroghe: «Abbiamo già convocato - ha annunciato al Giornale - per martedì mattina un altro collegio straordinario per definire la questione».
I chiarimenti con tutta probabilità non basteranno. Le argomentazioni del Garante sono quasi sempre opposte rispetto a quelle utilizzate dall’ex potentissimo viceministro. Secondo Visco il fatto che le dichiarazioni siano consultabili su internet invece che facendo richiesta al comune «non sposta molto la questione», che è il diritto alla trasparenza.
La differenza tra gli elenchi cartacei depositati in comune e le paginate web riproducibili all’infinito con un solo click c’è eccome, ha replicato Mauro Paissan, componente dell’Authority. «Nel web - ha spiegato - salta il limite temporale indicato dalle norme». Bocciata anche la tesi dell’«accade in tutte le parti del mondo». Non è vero - ha argomentato Paissan - «in alcuni Paesi c’è un regime molto rigido di riservatezza sulla dichiarazione di redditi e sono consultabili, ma in modo mirato». In ogni caso l’Authority «non era stata informata. Non abbiamo potuto dare un consenso. Su questa novità non sapevamo assolutamente nulla, l’abbiamo saputo da qualche giornale e agenzia di stampa».
Insomma le due istituzioni, il Garante e l’Agenzia delle entrate, difficilmente riusciranno ad arrivare a una posizione comune. Impossibile anche una soluzione tecnica soft per bloccare la diffusione delle liste.
La parola fine la potrebbe mettere la polizia postale. Per il momento le forze dell’ordine stanno aspettando che arrivino le denunce, come quelle annunciate dal Codacons. Se il Garante e i magistrati decideranno che quei dati in rete non ci devono stare, la polizia potrebbe arrivare ad applicare le misure più drastiche, utilizzate soprattutto per le indagini che riguardano i reati sessuali.

In sostanza, tramite un software, potrebbero risalire agli utenti che hanno memorizzato gli elenchi e bloccarli, come succede nelle indagini per individuare pedofili che si scambiano materiale in rete. Un finale non proprio glorioso per l’ultimo atto di politica fiscale del governo Prodi.

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