Franco Fayenz
da Monza
Da parecchio tempo, in Italia, non si ascoltava dal vivo il miracolo del quartetto vocale Hilliard, specializzato in musiche religiose antiche e rinascimentali, accostato al sassofono soprano e tenore di Jan Garbarek. Li dividono come minimo cinque secoli di musica, eppure si sono intesi al primo incontro, dodici anni fa, per registrare lo storico Officium di Ecm. Al Brianza Open Jazz Festival va il merito di avere aperto il proprio cartellone nel suggestivo Duomo della città con lunico concerto italiano dei magnifici cinque.
Chi abbia il privilegio di avere già assistito a qualche loro concerto riconosce subito un incipit irrinunciabile per la sua efficacia. Garbarek si schiera a fianco dellaltare maggiore; poco dopo, dal lontano portone centrale, arrivano magiche e appena percettibili le note lunghe di quattro voci a bocca chiusa che si avvicinano lentamente a Garbarek. E già il sassofonista, qua e là, inserisce improvvisando in forma dialogica il suono algido e intenso del suo strumento.
In questo intreccio sta il rituale del concerto, se è lecito parlare di rituale, essendo evidente che perfino Hilliard, talvolta, improvvisa. Jan Garbarek è norvegese, mentre il quartetto (David James controtenore, Roger Covery-Crump tenore, Steven Harrold tenore, Gordon Jones baritono) è inglese. Officium, quanto meno per il principale autore delle musiche, il cinquecentesco Cristòbal de Morales, sta per Officium Defunctorum. Ma niente scongiuri. I brani, tutti brevi e però interpretati con rare soluzioni di continuità, non disdegnano a tratti un clima profano, e sono seguiti dal pubblico che gremisce la chiesa con la concentrazione attonita riservata agli eventi autentici. Soltanto gli entusiasti del jazz contemporaneo hanno un sobbalzo quando si accorgono che Garbarek, in uno dei suoi interventi, cita in pieno il tema di Ghost di Albert Ayler: ma anche questa è musica religiosa, ghost significa spirito, anima.
Proprio a Morales si deve il vertice espressivo del concerto. Il suo Parce Mihi Domine, reso ancora più struggente dal grido affilato del sax soprano, provoca brividi di emozione perfino con le pause e i silenzi.
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