La Gariboldi libera: «Mi ha aiutato la solidarietà»

MilanoOttantadue giorni non sono uguali dappertutto. Contate tra le mura di un carcere, le ore non sono ore. Si dilatano «e sembrano eterne». Però, da ieri, Rosanna Gariboldi è di nuovo libera. Lascia il carcere di San Vittore, dov’era rinchiusa dal 20 ottobre. L’accusa, aver riciclato su un conto estero i fondi occulti dell’imprenditore Giuseppe Grossi. Ma l’ex assessore provinciale di Pavia ha patteggiato. Due anni, e 1,2 milioni di euro confiscati. Assieme a lei, condannata a un anno e 9 mesi anche Maria Ruggiero, ex segretaria di Grossi. È la prima sentenza dell’inchiesta sul quartiere milanese di Santa Giulia. La Gariboldi esce dal penitenziario. L’aspetta il marito, il deputato del Pdl Giancarlo Abelli. Lui, a San Vittore, è andato a trovarla quasi ogni giorno. «Per farle sentire che le ero vicino». Ora, «dopo vent’anni di matrimonio - dice - voglio tornare a vivere in simbiosi con lei». Vent’anni. Uno accanto all’altra. Così, le risposte si accavallano. Due sfumature dello stesso colore.
Prima di tutto, come sta?
(Giancarlo Abelli) «Oggi è una buona giornata. Finalmente. Le fibre sono forti, e sopportano anche i momenti di difficoltà. Ora è il momento del conforto».
(Rosanna Gariboldi) «Fisicamente sto bene. Sono un po’ dimagrita, ma psicologicamente mi sento abbastanza forte. Sarà che ho sempre avuto la convinzione di essere nel vero».
Come l’ha trovato/a?
(A) «È una donna forte e decisa. Spero che non abbia crolli nei prossimi giorni, perché queste esperienze lasciano il segno».
(G) «Ora bene. Mi è sempre stato accanto, ma ho capito che aveva bisogno di me. Anche per le cose pratiche. Gli uomini non sanno come si manda avanti una casa...». Ride.
Il momento più difficile?
(A) «L’arresto. E l’incertezza delle ultime settimane».
(G) «L’arresto, senza dubbio. È il trauma più grande, è stato terribile. Ho perso ogni certezza. E poi quando il giudice ha negato la scarcerazione (il 22 dicembre, ndr). Mi ero illusa. Pensavo di uscire, anche perché non mi hanno più interrogata. E infine, quando è morta mia nipote. Ho perso una figlia, e so cos’è il dolore. Ma non sono andata al funerale. E non perché non ci tenessi. Non volevo dare la soddisfazione al magistrato di umiliarmi facendomi andare al funerale accompagnata dalle guardie».
Cosa l’ha aiutata in questi due mesi e mezzo?
(A) «L’enorme solidarietà che è arrivata da moltissime persone. Il primo a chiamarmi oggi è stato il presidente Berlusconi, che ha usato parole di grande umanità».
(G) «Il meccanismo di solidarietà che si innesca, anche in carcere. E la stima delle persone. Lì, a San Vittore, ho trovato più umanità che fuori. In molti avevano piacere a stare con me. Abbiamo fatto molte cose assieme, l’ultima è stata il coro di Natale. Oggi, quando sono uscita, c’era gente che piangeva. E questa per me è stata la rivincita morale più grande. E infine le lettere. Ne ho ricevute più di 200. Da gente che non conoscevo. Mi chiedevano, “ma com’è possibile che una persona come lei sia in carcere?” Ho risposto praticamente a tutti. Anche questo mi ha aiutata molto».
Il futuro nella politica?
(A) «Ho ricevuto spinte da molte parti perché io mi ricandidi alle prossime regionali, da parte della mia gente. Credo che lo farò».
(G) «Nessuno. Non torno alla politica. Almeno, non a livello di istituzioni. Piuttosto, voglio far conoscere agli altri la mia esperienza in carcere».
«Sassolini» da togliersi?
(A) «Il problema è il margine di incertezza e di contraddittorietà che c’è nella giustizia. Sulla stessa vicenda, due giudici si sono espressi in maniera opposta. E la libertà di mia moglie è coincisa con il patteggiamento. Voglio dire, se non avesse patteggiato sarebbe ancora in carcere? Lasciamo stare, mi do la risposta da solo».
(G) «Ne avrei tanti, meglio evitare».
Ha temuto per un’inchiesta «politica»?
(A) «In questa vicenda non ho mai avuto alcun ruolo, per cui in coscienza sono sempre stato tranquillo. Non dico che questa indagine avesse un marchio politico, ma agli atti c’è un’evidente tendenza a cercare i colpevoli politici».
(G) «Su mio marito non ho né ho mai avuto dubbi. Quanto alle intenzioni dei magistrati, può essere».
Gli atti dell’indagine parlano di riciclaggio.
(A) «Non entro nel merito dell’inchiesta, non so cosa cercassero i magistrati, ma non abbiamo nulla da temere».
(G) «L’ho già detto in altre occasioni. Mi sono fidata di un amico. Non aveva bisogno di me per riciclare il denaro».
Ora tornate alla normalità. Qual è la prima cosa «normale» che farete?
(A) «Ricominciare la mia vita in simbiosi con lei. E poi tornare pienamente al mio lavoro. Negli ultimi tempi, ho avuto cosa più importanti della politica a cui pensare».
(G) «Fermarmi al cimitero per salutare mia figlia». Rosanna Gariboldi smette di parlare. Piange.

Qualche istante, e ricomincia. «Poi rientrare a casa. È piccola, ma mi sembra enorme adesso! È tutto strano. Quand’ero in carcere mi sentivo il cuore indurito. Le sere non terminavano mai. Ora, questa sera è diversa. Questa sera mi emoziona».

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