La Gariboldi resta a San Vittore Il gip: "Può commettere altri reati"

Inchiesta Montecity. Il gip non ascolta la Procura e lascia in carcere l’ex assessore pavese Il marito Giancarlo Abelli: «Sono sconvolto, è una donna onesta»

Rosanna Gariboldi resta in carcere. Non è servita la richiesta di patteggiamento a 2 anni di reclusione con sospensione condizionale della pena avanzata dai suoi legali e su cui i pm avevano espresso parere favorevole, né il fatto di aver messo a disposizione della Procura 1 milione e 200mila euro trovati su un suo conto a Montecarlo dagli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Ieri, il giudice per le indagini preliminari Fabrizio D’Arcangelo ha deciso che l’ex assessore della Provincia di Pavia e moglie del vicecoordinatore nazionale del Pdl Giancarlo Abelli deve restare a San Vittore, dove si trova da due mesi. Un provvedimento forse inatteso, considerato l’accordo raggiunto tra le parti, dopo il quale lo stesso Abelli si è detto «profondamente sconvolto». «Mia moglie è una donna onesta - ha detto il deputato del Popolo della libertà -, speravo di passare il Natale in famiglia». Per Sandro Bondi, coordinatore nazionale del Pdl, «le motivazioni dei gip suscitano sgomento».
Per «Lady Abelli», arrestata nell’ottobre scorso con l’accusa di riciclaggio per aver «schermato» dei soldi che l’imprenditore Giuseppe Grossi avrebbe sottratto alle proprie società, così da accantonare fondi neri all’estero, «sussistono le esigenze cautelari». Nelle due pagine di provvedimento con cui respinge la richiesta di scarcerazione, il gip D’Arcangelo sottolinea infatti che «non sono intervenuti elementi dai quali trarre una valutazione diversa e più tenue di quella già tracciata» in occasione della prima misura cautelare e di quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame, che aveva rilevato «la particolare fraudolenza delle pregresse condotte realizzate» dalla Gariboldi, e «la loro pluriennale permanenza nel tempo». Il Riesame, in quell’occasione, era stato molto duro con l’ex assessore pavese, sottolineandone la «non comune prerogativa criminale». E anche secondo il giudice per le indagini preliminari permane «l’elevata intensità e l’attualità del pericolo di recidiva», tanto da sostenere «la non concedibilità della sospensione condizionale della pena». Per D’Arcangelo, inoltre, «la prognosi relativa al pericolo di recidiva (...) non può essere scalfita dal mero raggiungimento di un accordo delle parti». In altre parole, il patteggiamento non basta.
Per i difensori di Rosanna Gariboldi, gli avvocati Ennio Amodio e Novella Galantini, quello del giudice è un «provvedimento abnorme, perché viola in radice i principi fondamentali del sistema processuale». D’Arcangelo, secondo i due legali, «indossa illegittimamente i panni del giudice di merito, sostituendosi al magistrato, cui spetterà di valutare» il patteggiamento.

«Ha dettato un inconcepibile veto circa qualsiasi altra valutazione diversa dalla sua - insistono - dimenticando persino che se le parti hanno deciso di definire il processo, non ha senso il protrarsi di una misura cautelare».

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