Gasdotti, due Authority contro l’Eni

I grandi gruppi preferiscono acquistare dalla società di Scaroni

Paolo Giovanelli

da Milano

Il gasdotto Tag, che porta in Italia il gas russo attraverso l’Austria, è tornato nuovamente nel mirino delle Autorità per l’energia italiana e austriaca. Questa volta per come è stata ripartita la capacità aggiuntiva di importazione di gas: 3,2 miliardi di metri cubi all’anno, a partire dall’ottobre 2008. Tag non è più in grado di far fronte alla richiesta italiana di gas e l’Eni, che ne è proprietario, si è impegnato a potenziarlo: una prima fase di 3,2 miliardi di metri cubi entro il 2008 e una seconda di 3,3 miliardi entro il 1° aprile 2009. Fin qui tutto bene, o meglio, quasi, perché l’Autorità aveva chiesto l’unificazione e l’anticipazione dell’ampliamento della capacità di trasporto. Il nodo sta appunto nel come è stata assegnata la capacità: «Le assegnazioni non tengono conto né degli indirizzi formulati dalle Autorità italiana e austriaca, né della direttiva europea, la tariffa di trasporto è stata determinata senza l’approvazione preventiva del regolatore. Circa 150 operatori hanno visto assegnati loro quantitativi di capacità esigui (lotti singoli da circa 20 milioni di metri cubi l’anno). Le decisioni di frammentazione potranno indurre probabili comportamenti di tipo opportunistico e speculativo da parte degli assegnatari, finalizzati solo a una commercializzazione dei diritti di transito ottenuti».
A dire il vero i «probabili comportamenti» sarebbero già avvenuti: i 146 «piccoli indiani» (come li ha definiti un operatore del settore) hanno già iniziato a vendere le loro quote o a raggrupparle. Una cinquantina di quote si sarebbero aggregate sotto l’etichetta Gas Intensive (gli industriali energivori), una dozzina sarebbero finite ad una società di La Spezia, una decina sarebbe stata acquistata da Linea Group attraverso Blu Gas, mentre l’Acea di Roma si sarebbe «accontentata» di rastrellare 8-10 lotti. Che poi i «comportamenti» citati dall’Authority siano di tipo «opportunistico e speculativo» non ci sono molti dubbi: le quote di trasporto, pagate all’asta circa 100mila euro, sono state rivendute, secondo fonti attendibili, a 500mila. I grandi gruppi, come Enel, Edison, Hera, Bg, Egl non hanno invece accettato il gioco al rialzo e preferiscono acquistare direttamente il gas da Eni. E Mentasti, che si diceva stesse rientrando in gioco proprio attraverso le quote di importazione? Secondo fonti che non hanno trovato conferma si starebbe davvero muovendo per comprare la possibilità di importare, ma tratterebbe anche direttamente con i russi per l’acquisto del gas.
Ora l’Authority attenderà la risposta dell’Eni, poi potrebbe decidere sanzioni o rivolgersi alla Commissione europea.
La cosa curiosa è che mentre si scatena questa nuova «bagarre» sull’import di gas, da Standard Poor’s e dall’Agenzia internazionale per l’energia arriva un avvertimento: il gas russo potrebbe non bastare per tutti dopo la decisione di Gazprom di vendere alla Cina 80 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La Cina, afferma S&P, è diventata «un concorrente dell’Europa» per le forniture di gas.
Intanto il cda Eni ha convocato l’assemblea ordinaria degli azionisti per il 24 e 25 maggio (prima e seconda convocazione) e quella straordinaria per il 23 maggio (24 e 25 in seconda e terza).

L’assemblea ordinaria è chiamata ad approvare il bilancio, autorizzare l’acquisto di azioni proprie fino a novembre 2007 e aumentare il limite massimo di spesa da 5,4 a 7,4 miliardi (fermo restando il limite massimo di 400 milioni di azioni), approvare il piano di stock option 2006-2008.

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