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Gatti costretti a salti e slalom Ma la vita da cani non fa per loro

Gatti costretti a salti e slalom  Ma la vita da cani non fa per loro

Mentre scrivo, guardo i miei due gatti che esibiscono il loro tipico comportamento in questa serata domenicale di nebbia ghiacciata. Hurricane, il giovane maschio è acciambellato sul divano, mentre la Lulù, anziana principessa, asciuga le sue articolazioni direttamente sul termosifone bollente. Li guardo dormire il sonno del giusto, mentre penso a quei poveri «sfigattti» che hanno un proprietario convinto di possedere un Border Collie invece di un soriano.
In questo week end si è svolta a New York la manifestazione annuale della International Cat Association’s and the Cat Fanciers Association’s che aveva, come maggiore attrazione, la finale del concorso di Agilità del Gatto. Sono venuti a centinaia da tutti gli stati per contendersi il primato di agilità. Nata negli Stati Uniti (e dove altro?) e lì diffusa, questa manifestazione sta purtroppo prendendo piede anche in Europa e leggo, con terrore su Facebook, che una tal Francesca sta cercando adepti per fondare un club che organizzi manifestazioni di questa attività sportiva.
Tutti sono al corrente, per avere letto o visto immagini in televisione, che esistono gare di Dog Agility dove, cani di piccola o media taglia si sfidano saltando paletti, gettandosi nei cerchi e superando tunnel coperti, per finire, con un salto d’atleta, tra le braccia del proprietario o conduttore. Normalmente i vincitori sono Border Collie o razze di media piccola taglia, estremamente agili, veloci e in grado di capire al volo quello che gli viene chiesto dall’addestratore. Queste manifestazioni, che hanno i cani quali protagonisti, sono state modellate sugli sport equestri e hanno conosciuto il loro primo momento di gloria circa venticinque anni fa in quel di Londra, per poi diffondersi praticamente in tutto il mondo occidentale.
Da un incontro occasionale di due americani con i loro gatti in una palestra, è nata la stramba idea di vedere cosa potevano ottenere dai felini di casa in termini di competizione, offrendo loro difficoltà simili a quelle che devono affrontare i cani per vincere le gare di agility.
Inizialmente Mrs. Sherley Piper, poi fondatrice dell’Associazione per l’Agility Cat, aveva risposto a un giornalista del New York Times, che le chiedeva come fare ad addestrare un gatto, con una sola parola: «Impossibile». Figuriamoci, di fronte a questo termine si scatena una torma di persone che devono assolutamente dimostrare l’inutilità che questo termine ha sui dizionari. E via ad addestrare il gatto di casa a insinuarsi nel buio di un tunnel, a saltare nel cerchio (per fortuna senza fuoco) e ad affrontare una decina di ostacoli, tutti mutuati dal Dog Agility.
Chi pratica questo sport (i proprietari intendo) sostiene che il gatto si diverte un mondo e rimane in forma, grazie al dispendio di energie, oltre a rafforzare il legame d’affetto tra felino e padrone. E così il gatto, addestrato con leccornie e carezze, deve percorrere nel minore tempo possibile il circuito a ostacoli, seguendo il pennacchio brillante che indica dove sta il padrone. Russel Reimer di Meza (Arizona), un vero cultore della disciplina, sostiene che il 30% dei gatti da lui addestrati è in grado di finire il percorso sotto i tre minuti. «Certo» si sbilancia «c’è da sudare a farli girare attorno ai paletti de legno, ma, alla fine, ci si riesce».
Come per tutti gli sport, ci sono delle regole da rispettare. Niente gatti sotto i tre mesi, niente distinzione di razza, niente violenze azioni rudi verso il gatto, squalifica se il felino si ferma per più di 10 secondi e cartellino rosso se il gatto urina sul ring o morde il proprietario (ben fatto).
Mentre chiudo questo articolo i miei due hanno alzato la testa pregandomi di intercedere perché Francesca eviti di fondare il club italiano di Cat Agility.

E si sono addormentati di nuovo.

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