Gaza - Al Qaida sfida Hamas, nella Striscia di Gaza, ed stata battaglia urbana, durissima e sanguinosa, finita con l'assalto a una moschea da parte delle milizie di Hamas, almeno 22 morti e 120 feriti. Radicali e ultraradicali islamici si sono affrontati armi alla mano ieri sera a Rafah, dopo la ribellione di un gruppo salafita ispirato da Al Qaida. A innescare lo scontro, è stato il sermone pronunciato in occasione della preghiera del venerdì da Abdel-Latif Mussa, medico e leader riconosciuto di Jund Ansar Allah, gruppo del jihad internazionalista formato da alcune centinaia di "Guerrieri di Dio" che accusa Hamas di "mollezz"a nell'applicazione della legge coranica. Al grido di "noi apparteniamo ad Al Qaida, Osama Bin Laden é la nostra guida", Mussa (noto ai seguaci con il nome di battaglia di Abu al-Nour al-Maqdessi) ha proclamato "l'emirato islamico" di Gaza e si è lanciato in una filippica contro Hamas, salito al potere nella Striscia nel 2007 dopo aver sopraffatto i rivali laico-nazionalisti di Fatah. Asserragliatosi con i suoi in una moschea di Rafah, il tribuno di Jund Ansar ha rinfacciato a Hamas di cercare contatti "con (Tony) Blair e (Jimmy) Carter invece di attuare la Sharia". Poi ha tuonato: "Se Hamas seguisse il volere di Dio e il Jihad, noi saremmo i suoi servi. Ma se pensa di entrare nelle nostre moschee gli taglieremo le mani". La polizia di Hamas è intervenuta e si è scatenato l'inferno. Dapprima una sparatoria breve. Quindi l'intervento di rinforzi su entrambi i fronti, l'arrivo al fianco della polizia degli uomini delle Brigate Qassam (il braccio armato di Hamas) e infine lo scontro aperto, con mitra, razzi ed esplosivi. Finché le forze di Hamas non sono riuscite a espugnare la moschea. Fra i morti figura Mohammed al-Shimali, capo delle Brigate Qassam a Rafah, ma si contano anche civili, mentre alcuni feriti sono considerati dai medici in gravi condizioni. In tarda serata Rafah è stata stretta in una morsa di posti di blocco ed è iniziata la caccia all'uomo. Ignota la sorte di Mussa, la cui casa è stata rasa al suolo. L'epilogo della vicenda, se confermato, dimostra che i 'Guerrieri di Dio' - meno di un migliaio - non sembrano per ora in grado di minacciare il potere di Hamas. Il loro attivismo e fanatismo - sottolineano alcuni osservatori - potrebbe tuttavia generare un inedito focolaio di tensione permanente in seno agli integralisti. Intervenendo in un'altra moschea, il premier dell'autoproclamato governo di Hamas a Gaza, Isamil Hanyeh, si era premurato di assicurare che nella Striscia non ci sono 'mujaheddin' afghani, iracheni o di qualunque altro Paese venuti a spargere il verbo di Al Qaida. E aveva bollato le voci circolate al riguardo come frutto della "propaganda sionista". Resta in ogni caso la sensazione che Hamas sia costretto forse per la prima volta - dopo due anni di dominio incontrastato, ma anche di distruzioni e impoverimento della popolazione, sull'onda del blocco imposto alla Striscia da Israele e delle conseguenze dell'offensiva 'Piombo Fuso' - a guardarsi le spalle sul fronte interno. Tanto più che, dalla Cisgiordania, anche i rivali laici di Fatah, il partito del presidente moderato dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen provano a rialzare la testa dopo il congresso di Betlemme e il parziale rinnovamento dei vertici.
Come rivela l'emergere nel nuovo Comitato centrale di una maggioranza - di 'colonnelli' cinquantenni e non solo - decisa a cercare la rivincita. O, per dirla con un neoletto di spicco come Ziad Abu Ayin, rappresentante della diaspora palestinese in Libano, a cercare di "liberare il milione e mezzo di palestinesi di Gaza, trasformati da Hamas in ostaggi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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