Il genio di Mozart stroncato dal più banale dei virus

E adesso tutti lì a dire che sarebbe bastato un antibiotico e che Mozart non sarebbe morto e che oggi potremmo ascoltare per intero l’incompiuto Requiem e molti altri capolavori anch’essi non finiti - ma non finire era un po’ nelle sue corde - o addirittura ancora da comporre, non fosse stato, appunto, per quella maledetta infezione da streptococco che noi cureremmo con un sorso d’acqua e una capsula, ma che nel ’700, invece, portava alla tomba. Non c’è pace per questi geni che non hanno saputo morire nel sonno a cent’anni: ai posteri manca quell’opera in più che magari non avrebbero nemmeno composto, ma che, a quanto pare, è sempre più bella di quelle che ci hanno lasciato.
Ad ogni modo, la notizia è questa: secondo l’ultimo numero (uscito l’altro ieri) degli Annals of Internal Medicine, Mozart è morto per una banale infezione, e non perché l’invidioso rivale Salieri l’avrebbe avvelenato (vicenda che ispirò il bel poemetto di Puskin Mozart e Salieri) e nemmeno perché affetto da sifilide o ancora per aver mangiato carne di maiale poco cotta, abitata da larve portatrici di trichinosi.
«Abbiamo considerato i sintomi nell’agonia di Mozart» ha detto Richard H. C. Zegers, capo dell’équipe medica che ha effettuato la ricerca pubblicata sugli Annals, «ma anche le cause di morte a Vienna tra la fine del 1791 e l’inizio del 1792, cioè un po’ prima e un po’ dopo quel 5 dicembre fatidico per il musicista». Si è così notato che quell’inverno vi fu un’epidemia che provocava edemi e febbre reumatica, gli stessi sintomi che portarono Mozart alla morte. Se avesse avuto sottomano un antibiotico, oggi avrebbe una gloriosa (per i turisti, non per lui) tomba al cimitero di Vienna. Finì, invece, in una fossa comune.
Ironia, questa - congetturiamo un po’ cinici - che si attaglia bene al «sublime» musicista, ritenuto da tanti simbolo di purezza e che invece si divertiva (e come lui tutto il secolo) a maneggiare una scurrilità senza limiti.

La ritroviamo nelle sue lettere private (in una, spassosissima, accusava la madre di «fare così tante flatulenze», la notte, da «rompere le lenzuola», e lei gli rispose pure per le rime) e anche, molto nascosta, in alcune opere a lui dedicate, come il film Amadeus di Forman, mentre, da bravo italiano, ignora la cosa Carmine Gallone nel suo Melodie eterne del 1940, con Gino Cervi. Ma se amate il massone autore del Flauto magico non perdetevi il bel racconto di Mörike Mozart in viaggio verso Praga e Il cavaliere Gluck di E.T.A. Hoffmann.

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