nostro inviato a Vico Equense
Lì sulla spiaggia di Marina Equa, una delle località che vanno a comporre il comune di Vico Equense, dovrebbero erigere un monumento a Gennaro Esposito, chef e titolare della Torre del Saracino, nonché organizzatore della Festa di Vico, appena terminata, raro esempio italiano di aggregazione di cuochi, artigiani e giornalisti attorno alla stessa tavola, un andare alle radici della gola che lanno prossimo diverrà itinerante grazie alla volontà delluniversità di Bologna.
Quarantanni nel 2010, Gennaro non è il solito campano caciarone e invadente. Riflessivo, attaccato alla sua terra e ai suoi fornitori in maniera maniacale, mi ricorda tanti lati felici di Pierangelini, su tutto la capacità di estrarre lanima da ogni ingrediente, ricetta, esecuzione. Dodici piatti e mai la sensazione che un giorno non possa gustarli in una forma diversa, stessa idea ma una differente interpretazione, come quelle canzoni proposte con tuttaltro arrangiamento. Sono sempre loro, ma diversamente vestite.
Locale tutto nuovo, ipermoderno, bianco, con oblò tra sala e cucina che ricordano un cannocchiale preso dal lato sbagliato perché la vita attorno ai fuochi appare lontana e capovolta, la Torre del Saracino è fortemente fedele alla Campania in ogni sua sfaccettatura, solo che non vi sono concessioni al folclore. Non vi si fa del cinema, si fa sostanza, con impegno, idee e intelligenza, e questo vale anche quando viene servito il Risotto al nero di seppia mantecato con conserva di pomodoro e zafferano, salsa di fegato di seppia e cedro candito. Lo cito tra i dodici gustati perché il meno immediato, ma anche quello che una settimana dopo mi torna in mente con nuove letture, come se intendesse chiedermi se lho finalmente capito.
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