Ma le battaglie di giustizia non hanno colore politico

Ma le battaglie di giustizia non hanno colore politico

(...) Ma vedere piombare in redazione Giovanni Paladini, deputato dipietrista e leader ligure dell’Italia dei Valori, insieme alla vicepresidente della Regione Marylin Fusco, all’assessore Gabriele Cascino, al capogruppo in sala verde Nicolò Scialfa, ai due consiglieri giovani e belli Stefano Quaini e Maruska Piredda e al segretario provinciale dell’Idv Francesco De Simone, fa un certo effetto.
Anzi, quando li ho visti qui, tutti insieme, agguerriti, ho temuto volessero lamentarsi per qualche nostra campagna contro le loro scelte o la denuncia che il loro essere eretici rispetto al centrosinistra ufficiale si ferma sempre un attimo dopo l’annuncio di crisi e un attimo prima dell’apertura della crisi stessa.
Invece, no. Invece, erano qui non per lamentarsi, ma per ringraziarci della nostra battaglia per far processare i marò in Italia («è il fondamento numero uno della legalità e noi siamo legalitari sia quando c’è in ballo la legge italiana, sia quando si parla di diritto internazionale») e, documenti alla mano, si sono messi ordinatamente in fila per firmare i moduli del Giornale «Riportiamoli a casa». Addirittura, avevano le deleghe politiche per le adesioni degli assessori a Tursi Francesco Scidone e Stefano Anzalone, del vicepresidente del consiglio comunale Alberto Gagliardi, del capogruppo in Comune Francesco De Benedictis e degli altri consiglieri Umberto Lo Grasso e Andrea Proto, del capogruppo in Provincia Stefano Ferretti, dei vicepresidenti di Municipio Centro-Ovest Carmelo Citraro e Bassa Valbisagno Massimo Franco...
Insomma, una lista lunghissima di nomi al nostro fianco non per difendere a prescindere i marò. Ma per chiedere, come prevede la legge, che siano giudicati a casa nostra. Una battaglia di giustizia che non ha colore. Tanto che, quando chiediamo loro, ridendo: «Ma sapete che siamo al Giornale, che questa è una battaglia del Giornale?», i consiglieri dipietristi - dopo averci dato atto della correttezza di fondo, anche quando le posizioni sono opposte o divergenti - stanno al gioco: «Sì, ma è una battaglia giusta. E le battaglie giuste non hanno colore».
Anzi, man mano che il discorso va avanti, Paladini e i suoi scorrono la lista dei nomi dei firmatari.

E trasecolano vedendo che non c’è nemmeno un nome dei loro alleati nelle istituzioni genovesi e liguri: «È incredibile! È un errore gravissimo, non è possibile non capire che questa è una battaglia di giustizia e di legalità. E, persino considerandola solo dal punto di vista politico, è sbagliato lasciarla ad altri». La delegazione saluta. Noi pure. Pronti ad essere domani nemici come prima. Anzi, avversari. Nemici mai.

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