«Bisogna fare chiarezza su quanto si è detto a proposito del lavoro di Adinolfi perché nel proliferare di notizie sono emerse tesi complottistiche legate a suoi legami lavorativi per niente veritiere». A parlare così è un vicino di casa del manager di Ansaldo Nucleare che, scegliendo di rimanere nell'anonimato, specifica di aver lavorato per trent'anni con Adinolfi in qualità di fisico. «Ho letto di tutto e di più a riguardo dei rapporti di lavoro di Adinolfi, addirittura gli è stato dato un ruolo di regia nel progetto Phoenix, un progetto nato nel 1974, due anni prima che Adinolfi entrasse in Ansaldo - ha spiegato il fisico -. Mi sento anche di smentire tutte le tesi di geopolitica che sono state fatte, legando il nome di Adinolfi a lavori nei paesi dell'Est, in quanto lui per quel che so io, è sempre stato filo-americano in termini lavorativi». Parole pesanti e confessate in totale tranquillità ieri pomeriggio dal fisico e collega di Adinolfi in prossimità del luogo dell'attentato, i giardinetti che uniscono via Montello a corso Montegrappa e che sono un ritrovo abituale per i padroni di cani della zona.
Insieme al fisico e alla sua Tea, un bellissimo esemplare di Golden Retriever, ieri pomeriggio si sono ritrovati altri due abitanti della zona, testimoni inconsapevoli dell'attentato di lunedì mattina. «Solitamente dalle 7,30 alle 8,30 via Montello è molto trafficata di auto e moto, quindi è difficile dire di essere riusciti a cogliere qualche appostamento o giro sospetto - ha dichiarato il signor Gianfranco, ingegnere 42enne residente in via Montello -. Lunedì mattina sono uscito a portare fuori il cane intorno alle 8, percorrendo la via in direzione di corso Montegrappa, come faccio tutte le mattine. Al ritorno, però, intorno alle 8,35 sono rimasto bloccato dai carabinieri che mi hanno costretto a fare un giro largo per rientrare a casa. Ma il motivo l'ho scoperto solo una volta arrivato in ufficio leggendo le notizie su internet». «Sugli spari personalmente non ho sentito nulla - ha aggiunto l'ingegnere - ma tante persone mi hanno riferito di aver sentito uno o tre colpi, quindi credo sia stato difficile riuscire a distinguerli». La signora Gina, 61enne casalinga residente in corso Montegrappa, ha invece evitato il momento dell'attentato per qualche minuto. «Sono uscita di casa alle 8,30 rimanendo subito bloccata dall'ambulanza che stava caricando Adinolfi proprio in quel momento - ha spiegato la signora -. Subito ho pensato ad un incidente in moto e mi sono spaventata pensando che qualcuno si fosse fatto male davvero». «Quando ho saputo cosa fosse accaduto la paura è aumentata a dismisura - ha confessato la 61enne casalinga -. Io ho vissuto gli anni delle Brigate Rosse e in un attimo mi è sembrato di tornare indietro di trent'anni, ai tempi di Sossi e Castellano». Nel cercare di capire i perché di un attentato del genere, ad una persona come Adinolfi, la signora Gina ha voluto tracciare una tesi ampia, senza escludere nessuna pista. «Questo è stato un brutto segnale che non deve essere sottovalutato e soprattutto limitato solo a Genova - ha ipotizzato -. Secondo me è infatti figlio di un disagio nazionale e bisogna anche notare che per portarlo a compimento è stata scelto il giorno delle elezioni. L'allarme parte da Genova ma deve essere ascoltato da tutt'Italia».
D'accordo con la tesi della signora anche l'ingegner Gianfranco, il quale si è voluto soffermare soprattutto sulla premeditazione del gesto: «Qui si parla di un atto premeditato da mesi almeno, come viene testimoniato dal furto della moto utilizzata per l'attentato - ha spiegato -. In questi giorni c'è stato quindi un continuo pedinamento del quale nessuno si è accorto, probabilmente perché svolto al mattino quando la via è molto trafficata rispetto alle altre ore del giorno». Altro testimone inconsapevole dell'attentato è stato Angelo, il tabacchino di via Montello: «All'ora della sparatoria avevo già aperto il negozio ma non ho visto nessun movimento sospetto né ho sentito alcun colpo sparato - ha spiegato -. Addirittura ho saputo dell'accaduto tramite il figlio più piccolo di Adinolfi, che venendo a comprare le sigarette mi ha raccontato dell'attentato». Coincidenza fortunata, invece, per Carlos, sudamericano incaricato delle pulizie del palazzo di via Montello dove risiede la famiglia Adinolfi.
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