Quando si parla di Verona, i tifosi milanisti, ma non solo, le accumunano il termine «fatal». Perché per due volte i rossoneri persero lo scudetto che sembrava ormai cucito addosso. Pure il Genoa con le debite proporzioni (qui si parla di permanenza in Serie A) e contro il Chievo, e non versus l'Hellas, dovrà evitare che nell'anno del suo centoventesimo compleanno, la città scaligera possa essere ricordata con un termine così nefasto. E per farlo esiste un'unica soluzione: vincere e convincere.
Ma lasciamo da parte il convincere. Bisogna trasformarsi da «machiavelliani» e rendere attivo il concetto dello scrittore e storico fiorentino, espresso nel suo capolavoro, «Il Principe». Cioè il «fine giustifica i mezzi». Tradotto per il Grifone. Tre punti da conquistare in qualsiasi maniera. Un punto potrebbe non servire a nulla. Magari non in termine di classifica, sicuramente sotto l'aspetto psicologico. Ritornare alla vittoria, sconosciuta da oltre due mesi, e con il Pescara la settimana prossima al «Ferraris», potrebbe significare traguardo vicino.
O quanto meno affrontare gli ultimi 270' con relativa tranquillità e la possibilità di fare pure qualche calcolo. Siena e Palermo permettendo. Ovviamente. Mister Ballardini prima della partenza per il miniritiro di Verona ha usato l'espressione «sbranare gli avversari» anche se nelle ultime prestazioni offerte, i rossoblù sono apparsi agnellini più che lupi affamati.
La settimana d'avvicinamento alla sfida contro i clivensi di Corini, ormai salvi che comunque non regaleranno nulla, sia chiaro, non è stata delle più tranquille e normali. Si è cominciati martedì con la visita del patron Preziosi a Pegli. Per rimarcare e ribadire che chi non crede alla salvezza è pregato di accomodarsi fuori. Il gruppo non deve avere mele marce. Si è proseguito poi con gli spifferi che parlavano di uno spogliatoio spaccato al proprio interno. Si è arrivati poi agli spintoni nella partitella del giovedì tra Tozser e Matuzalem. Che hanno confermato che le voci non erano proprio infondate. Si è deciso così di fretta e furia di partire per la città dell'Arena il venerdì invece del sabato.
Ufficialmente perché «quattro ore di pullman il giorno prima della partita è meglio evitarli», anche se la verità appare diversa. C'era e c'è bisogno di ritrovare quella giusta tensione nervosa e agonistica da mettere sul prato verde del «Bentegodi». Che per molti elementi potrebbe essere l'ultima chiamata. Troppo importante non perdere la categoria. Retrocedere vorrebbe significare una perdita economica, oltre che sportiva, davvero drammatica. Per questo il tecnico romagnolo si affida a quelli cosiddetti titolari. Compresi quelli più «chiacchierati» che dovranno dimostrare un volta di più attaccamento verso la casacca del Genoa.
In porta dunque ci sarà Frey, la difesa ritornerà a tre con Manfredini centrale, al posto dello squalificato Portanova, con Granqvist a destra e Moretti a sinistra. A centrocampo esterni Pisano e Vargas, mentre al fianco di Matuzalem agiranno Antonelli a sinistra e l'ex Rigoni a destra, al posto di Kucka. In attacco per la prima volta in stagione partiranno dal primo minuto Borriello e Floro Flores. L'unico dubbio sembra essere l'utilizzo di Bertolacci, che Ballardini però ha visto stanco dopo lo stage dell'Under 21, al posto del peruviano Vargas.
Oltre un migliaio i genoani al seguito. Per la prima volta in stagione si assiste ad un numero così elevato di supporter in trasferta. Che hanno capito l'importanza del match.
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