Il prete amico di Padre Pio che dedicò la vita a unire umano e divino

Il prete amico di Padre Pio che dedicò la vita a unire umano e divino

Per i cristiani il giorno della morte è chiamato «dies natalis», cioè giorno della vita che non muore più ed ecco che Padre Raschi vive ancora tra noi. La caratterizzazione della sua vita e del suo apostolato rendono la sua figura sacerdotale attuale, apprezzata e richiesta dal popolo cristiano e lumeggiata oggi anche dai media: cioè il sacerdote è l’uomo del sacro, colui che ci raccorda con l’ultramondano. Padre Raschi non ha circoscritto il sacro solo nella preghiera e nell’amministrazione dei Sacramenti, ma vi si è immerso raccogliendo ogni prezioso elemento di contatto che veniva da quella realtà. Ha abbinato ascetica e mistica in un atteggiamento di purificazione e di attenzione alle voci del cielo, convinto che Gesù parla ancora oggi agli uomini. Ecco il suo anelito a raccogliere e rispondere ai messaggi celesti di Gesù, Maria, i Santi.
Protagonista anche in prima persona delle apparizioni o visioni, si dedicò principalmente a guidare, coltivare, proteggere, divulgare, persone, luoghi, avvenimenti che hanno reso tangibile e contemporaneo il perenne avverarsi dell’incontro divino con la storia umana. Da qui, la sua partecipata e condivisa amicizia ed intesa con San Padre Pio anche quando questi era combattuto ed ostracizzato. Quella di Padre Bonaventura non era la ricerca del fatto straordinario per una fuga dalla realtà umile e misera della vita umana, ma il desiderio di portare nuova luce e tanta misericordia per l’uomo debole del suo tempo. Fu un teologo rigoroso ed ossequiente al magistero della Chiesa che non vedeva in contrapposizione con le manifestazioni straordinarie del Cielo; ma non esitò ad opporsi a chi, anche tra i Sacerdoti, voleva banalizzare o pregiudizialmente negare la possibilità e la realtà dell’effusione di grazie recate dalla Madonna e dal Figlio suo tramite le apparizioni. E questo comportamento di verità, di ossequio alla realtà dei fatti fu interpretato da qualcuno come disobbedienza, quasi una superba opposizione all’autorità religiosa. Questo giudizio addolorò profondamente Padre Raschi che, fedele alla lealtà della sua coscienza retta, continuò a divulgare il messaggio di salvezza comunicato nelle apparizioni.
Sacerdote contemporaneo, dicevo. Il ministero si veicola con la comunicazione. Confratello di San Padre Massimiliano Kolbe, fondatore della Milizia dell’Immacolata, di due cittadelle dell’Immacolata, una in Polonia (Niepokalanov) e una in Giappone (Mugezai No Sono), Padre Raschi si è dedicato alla proclamazione e alla diffusione della buona novella con ogni mezzo. Predicatore dalla parola fluente, persuasiva, scaturita dall’intelligenza del cuore, sapeva ammaliare e persuadere l’uditorio con sapienza teologica e maestria espositiva. Lo si stava ad ascoltare dimenticando lo scorrere del tempo. Richiesto fin da giovane sacerdote da parroci e Vescovi, ha calcato i pulpiti più prestigiosi di varie città, confermato nel suo dire da consensi, conversioni, anche da fatti straordinari. Emblematico un suo discorso presso la grotta di Lourdes quando, predicando in italiano, fu compreso anche dagli stranieri presenti. Utilizzò da subito lo scritto; i numerosissimi articoli testimoniano della lucidità espositiva, dell’ardore partecipativo, della convinzione di comunicare verità portatrici di bene. Organizzò la tipografia, fondò giornalini e riviste che editava pressoché da solo. Generosissimo con tutti, povero con i poveri, sapeva intrattenersi anche con i ricchi che induceva ad opere di bene. Perché Padre Raschi non aveva scelto una categoria di persone, ma l’impellenza di offrire a tutti il messaggio celeste di cui era testimone.
La Piccola Città dell’Immacolata sul Monte Fasce trova la sua origine in questo desiderio che infiammava la sua vocazione. Incoraggiato dalla Madonna, impegnò le sue energie a creare un luogo dove più facilmente l’Immacolata fonte della Misericordia potesse largheggiare nel concedere grazie. Come per Padre Kolbe, la Piccola Città era un segno della volontà della Vergine di venire in contatto con gli uomini per far nascere ancora in mezzo a loro suo Figlio. Il desiderio dell’Immacolata costituiva un dovere e un ordine per Padre Bonaventura Raschi, da non discutere e non lasciare in balia del dubbio per nessuno. Era la manifestazione particolare del Sacro che non poteva essere annullata da ciò che sacro non è. La ferrea resistenza del Padre nel perseguire il suo obiettivo, nel difenderlo di fronte a tante avversità, incomprensioni, calunnie comprese, trova la sua forza nella convinzione che all’Immacolata non si può dire di no, perché l’Immacolata è la prima creatura redenta fin dal suo concepimento e quindi la primogenita della Chiesa, il capolavoro della vittoria sul male, Maria tempio di quello Spirito Santo che spira sulla e nella Chiesa, sul popolo di Dio ancora oggi e guida ogni impresa che indirizza al Risorto e lo rende presente ed operante in ogni epoca. Se non si coglie questa certezza che guidava Padre Raschi, non lo si può capire e tutto può apparire anche esagerato, inutile, vanaglorioso. Nei locali della piccola città di Monte Fasce dove incontrava le persone, la pazienza di Padre Raschi costituiva quasi un must; pazienza ravvivata anche dalla sua arguzia di toscano verace che sembrava quasi modellare il corpo del Padre: pacioso, sereno, accondiscendente, calmo, quasi amasse camuffarsi tra gli arredi delle stanze piuttosto che essere il vero centro della cittadella. E lui lì ad attenderli ed ascoltarli, ascoltava tutti e tanto e con attenzione amorosa, dispensava consigli, indicava mezzi, raccomandava preghiere, inculcava l’abbandono fiducioso all’Immacolata fonte della Misericordia. Sapeva penetrare nel cuore delle persone, quasi vi leggesse l’angoscia e l’intimo desiderio cui rispondeva con sapienza evangelica. In ciò era senz’altro aiutato dal contatto continuo col Sacro, con la luce che attingeva da Gesù tramite la Madre, sembrava a volte riferire parole che ascoltava provenire dal Cielo. La sua pazienza era il segno di una pace interiore nutrita dall’incontro con Dio, pace che effondeva sulle persone che incontrava.
Non solo il sacro, l’ultramondano visitò le giornate di Padre Raschi, ma anche il diabolico fu presente nella sua esperienza. Dolce con le persone, fu spietato contro le forze maligne così da subirne anche la violenza. Attento esaminatore delle situazioni, vagliava con acribia ogni caso che gli si presentava sapendo cogliere la differenza tra malattia psichica, debolezza fisica e spirituale e presenza malefica. Chi assisteva alle sue preghiere di liberazione ammirava la potenza della sua intercessione, la vigoria del suo spirito e la consapevolezza di agire nel nome di Gesù, assistito dalla Madre.
Padre Raschi desiderava che la bellezza, immagine del bene, fosse l’atmosfera che avvolgeva il Santuario. Il gusto estetico, il nitore di ogni ambiente della Piccola Città, erano un mezzo per fare incontrare gli uomini col Sacro. Gli arredi, i paramenti, le statue, i quadri, i vasi di fiori non erano un lusso o uno spreco, come persone piccole potevano giudicare, ma un segno di rispetto e di accoglienza gentile verso ogni visitatore. Povero per sé, generoso verso gli altri, Padre Bonaventura affrontava con francescana letizia anche i giorni del digiuno, isolato dal maltempo nell’eremo di Monte Fasce, privo di cibo, riscaldamento e denaro. Libero dalla schiavitù del denaro, ne sapeva usare le opportunità sia per aiutare persone ed associazioni indigenti, sia per l’edificazione e la cura del Santuario, la predicazione e la divulgazione religiosa. Già affaticato dagli anni, raggiungeva ancora ogni persona bisognosa che lo invocava con la sua automobile in ogni parte. Come San Massimiliano Kolbe utilizzava ogni mezzo tecnologico per l’apostolato. Anche in questo ci è contemporaneo.
Il Sacro è stato l’elemento caratterizzante della vita e dell’attività di Padre Raschi. Per questo ogni cosa semplicemente umana e terrena aveva rilevanza se indirizzata al Sacro. La regola della vita del Padre era favorire l’incontro del Cielo con la terra, la perpetuazione dell’Incarnazione senz’altro nei sacramenti e nella vita ecclesiale, ma anche con le visite che Maria e Gesù rivolgono agli uomini. Per questa missione ogni risorsa umana era uno strumento da utilizzare. Forse gli avvenimenti dei nostri giorni sembrano avere affievolito questo intendimento e l’opera del Padre. Forse è vero, per quanto ci appare dall’abbandono dell’attività nella Piccola Città di Monte Fasce. Ma la certezza dell’efficacia del suo apostolato è testimoniata dal sentimento e dalla convinzione della santità della sua vita che resiste nei nostri cuori.

Perciò, mi piace congedarmi con le sue parole benedicenti «Per intercessione dell’Immacolata Concezione, Fonte della Misericordia, la benedizione di Dio Altissimo, discenda su di voi pienissima, potentissima e vi rimanga sempre. Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen».

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