(...) «privatizzazioni» - che sono a tutti gli effetti spacchettamenti (nella migliore, si fa per dire, delle ipotesi) o addirittura liquidazioni di realtà industriali sane e competitive. Tutto questo, alla faccia degli interessi economici locali e nazionali, sulla pelle di una intera generazione di manager capaci, ma anche sulle spalle dei lavoratori, in gran parte collocati nella sinistra contigua all'allora Pci-Partito comunista italiano.
E proprio dalla sinistra e dalla base del Pci genovese, e non solo, arrivano, in quegli anni, gli strali più velenosi nei confronti del professore emiliano, sorriso sempre stampato in faccia, espressione da bonaccione, ma in concreto irriducibile e spietato, nonostante la fama di cattolico «progressista» e «sociale».
In particolare, si attiva la Sezione comunista «Amilcar Cabral», sede a Cornigliano, nel cuore dell'industria siderurgica e, a sua volta, cuore rosso del ponente genovese. Una «cellula» marxista che fin dall'intitolazione all'eroe-guerrigliero dell'indipendenza di Guinea e Capo Verde dal Portogallo denuncia ufficialmente da che parte sta nei confronti delle rivendicazioni politiche e sociali.
Ebbene, proprio dalla «Cabral» esce un volantino che accusa Prodi di stare smantellando volutamente, pervicacemente e ingiustificatamente il tessuto industriale genovese: non solo l'Ansaldo, ma anche le realtà apparentemente meno conosciute, ma decisamente orientate al mercato e - è il caso della Siac - fucina di progetti e realizzazioni d'avanguardia nel campo degli acciai speciali, come la costruzione di rotori e manovelle montate a bordo dei grandi transatlantici.
Il volantino comunista è un grido di dolore, ma anche un appello a rivedere le posizioni, giudicate assolutamente incompatibili con gli obiettivi di tutela di aziende sane e di lavoratori che lavorano. I consensi sono entusiasti, a Cornigliano, ma anche a Sestri, a Sampierdarena, dove il foglio di carta ciclostilata passa di mano in mano. Non solo i comunisti duri e puri si dicono d'accordo con le tesi espresse dal testo anti-prodiano, ma anche lo stesso Pci «ufficiale», i sindacati e tanti settori laici e cattolici si allineano. Il Romano Prodi che viene fuori dal volantino è quello di «un boiardo di Stato che distrugge politicamente ed economicamente le industrie» e, quindi, anche chi ci lavora. Tutto inutile: il rullo compressore nelle mani dell'ineffabile presidente dell'Iri non si ferma.
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