Stefano Filippi
da Milano
Cesare Geronzi, presidente del gruppo bancario Capitalia, è stato sospeso per due mesi dai suoi incarichi. La decisione è del giudice per le indagini preliminari di Parma, Pietro Rogato, il quale ha accolto la richiesta del pubblico ministero Vincenzo Picciotti che indaga sul filone turistico del crac Parmalat. Un provvedimento che lavvocato di Geronzi, Guido Calvi, ha subito impugnato giudicandolo «stupefacente e irragionevole». Ma il ricorso non blocca gli effetti dellordinanza che dispone il «divieto temporaneo di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese» notificata laltra sera al banchiere romano dalla Guardia di finanza di Bologna.
Il gip Rogato, un magistrato siciliano che ama definirsi «peritus peritorum», ha firmato il provvedimento a indagini chiuse in attesa che venga fissata ludienza preliminare. Era stato lo stesso pm Picciotti a firmare lavviso di fine indagine contro Geronzi e altri sette funzionari di Capitalia, accusati di concorso in bancarotta fraudolenta e usura. Dunque, non ci sono fatti nuovi che abbiano determinato questa clamorosa interdizione giunta in un momento delicatissimo per listituto di credito, alla vigilia del consiglio di amministrazione più importante dellanno (oggi la riunione) che deve presentare i conti al 31 dicembre, e per lintero sistema bancario italiano.
Le circa 200 pagine del fascicolo ripercorrono dieci anni di rapporti tra Calisto Tanzi, patron della Parmalat, e Geronzi. Vengono ricostruiti finanziamenti e operazioni dal 1994 allarresto del re del latte, avvenuto a fine dicembre 2003. La tesi del Pm fatta propria dal Gip è che la Banca di Roma, poi diventata Capitalia, avesse tutti gli elementi per valutare la gravità del dissesto finanziario in cui era precipitata la holding di Collecchio, ma che avesse continuato a finanziare Tanzi (che sedeva nel cda dellistituto) per impedirne il tracollo. Capitalia avrebbe erogato fondi a Parmalat e Parmatour in base a piani di riassetto giudicati «non credibili» dagli stessi consulenti della banca e sulla scorta di valori patrimoniali «fittiziamente formati». «I più autorevoli esponenti della banca - scrive tra laltro il Gip - erano perfettamente consapevoli, e da lungo tempo, tanto delle problematiche che affliggevano le società personali quanto delle gravi condotte illecite» attuate da Tanzi «con il loro stesso appoggio».
Su un episodio in particolare si basa lordinanza di interdizione: il passaggio delle acque minerali Ciappazzi di Terme Vigliatore (Messina) dal finanziere romano Giuseppe Ciarrapico allindustriale parmigiano nel 2002, di cui Geronzi sarebbe stato il regista. Il banchiere avrebbe imposto a Parmalat sia lacquisto dellazienda sia il prezzo: 35 miliardi di lire, benché il valore della Ciappazzi fosse quasi nullo. Tanzi non si sarebbe sottratto perché attendeva dalla banca un prestito per Parmatour, mentre Ciarrapico con la vendita riduceva lesposizione nei confronti di Capitalia.
Episodi già ampiamente noti. Fatti gravi, se confermati, ma di entità poco rilevante rispetto al colossale buco complessivo del crac Parmalat, stimato in 14mila miliardi di lire. Geronzi aveva già respinto ogni coinvolgimento durante linterrogatorio a Parma con Picciotti e ha ribadito la sua estraneità con una nota in cui parla di «stupore e indignazione». Il consiglio di amministrazione di Capitalia, riunitosi ieri in una seduta straordinaria durata un quarto dora, ha espresso «allunanimità solidarietà, stima e fiducia» al presidente.
Il legale di Geronzi è sconcertato. «Lordinanza è inaccettabile - dice lavvocato Calvi -. Siamo andati allinterrogatorio, abbiamo risposto, avremmo presentato una memoria se il Pm avesse concesso una proroga ai 20 giorni previsti dalla legge per la lettura degli atti e il deposito. Invece, niente proroga e ora linterdizione. È accanimento accusatorio.
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