Economia

Gestioni separate: le sfide del mercato

Tassi bassi, Solvency 2, nuovi regolamenti Isvap: sono solo alcune delle incognite che incombono sulle gestioni separate e potrebbero mettere addirittura in dubbio, secondo alcuni, la sostenibilità del business nel lungo periodo

Gestioni separate: le sfide del mercato

Tassi bassi, Solvency 2, nuovi regolamenti Isvap: sono solo alcune delle incognite che incombono sulle gestioni separate e potrebbero mettere addirittura in dubbio, secondo alcuni, la sostenibilità del business nel lungo periodo. Ma è davvero così? Quali saranno i costi delle normative europee e degli interventi dell’istituto di vigilanza? Come continuare a remunerare e motivare le reti distributive? A queste domande ha cercato di rispondere la tavola rotonda Sfide di business e di marketing per le gestioni separate nel contesto della nuova regolamentazione, organizzata da Marcella Frati, director di Nmg, e coordinata da Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni e di BancaFinanza.

Al dibattito hanno partecipato: Antonella Maier, responsabile servizio vita di Generali Assicurazioni; Anna Deambrosis direttore vita di Reale Mutua; Carlo Barbera, direttore bancassicurazione di Cattolica; Domenico Carboni, direttore ramo vita di Ugf; Angelo Galetti, direttore generale di Sud Polo Vita; Stefano Longo, amministratore delegato di Eurovita; Daniele Maffei, head of propositions Zurich global life Italy; Roberto Radice, direttore generale di Nationale Suisse; Roberto Raichi, direttore generale di Popolare Vita; Michele Spagnuolo, direttore vita e previdenza di Axa Mps.

Domanda. Secondo i dati Isvap, nel primo semestre 2010 la raccolta nei rami vita è stata di 51,7 miliardi di euro, con un incremento del 39,8% rispetto alle stesso periodo del 2009. Il trend positivo ha visto ancora crescere le polizze tradizionali del ramo I (+30,2%), mentre si sta riprendendo anche il ramo III (+125,2%). Quali sono, dunque, le prospettive per il 2011?

Deambrosis. Lo scenario di mercato si prospetta ancora fortemente incerto e l’atteso rialzo dei tassi di interesse continua a essere idealmente spostato più avanti. Se così sarà, il 2011 continuerà a essere un anno dalle buone prospettive di crescita per il settore: la raccolta sarà aiutata da un contesto nel quale i rendimenti di mercato saranno ancora inferiori a quelli che le gestioni separate potranno pagare. Ma sarà proprio questa facilità del contesto la vera difficoltà del settore: da un lato sarà necessaria attenzione a non vendere i prodotti collegati a gestioni separate perché sono «il miglior strumento finanziario in termini di rendimento», potremmo pentircene quando i tassi risaliranno e i cacciatori di rendimento andranno verso altri lidi; dall’altro lato, grande attenzione e grande tenacia del gestore a resistere alle tentazioni di utilizzare derivati o strutturati che potrebbero drogare i rendimenti a breve, a discapito di costi e scarsa trasparenza nel lungo periodo. Da un altro lato ancora, grande cautela e rigore nell’ingegneria di prodotto: vendere i minimi garantiti non è mai stato così costoso come ora e la misurazione del loro valore con strumenti tecnologicamente avanzati è indispensabile in un contesto caratterizzato da così bassi margini. Solvency 2 è dietro l’angolo e il suo avvento sarà a ridosso di anni molto fortunati dal punto di vista della raccolta, ma molto delicati dal punto di vista della solvibilità delle imprese.

Maier. A me sembra che Solvency 2 sia un tema importante: non abbiamo ancora piena conoscenza di quali effetti avrà sul meccanismo delle gestioni separate. Appare subito evidente che c’è una distorsione tra il costo storico della gestione separata e il fair value/mark to market che impone la direttiva europea. Ci saranno, quindi, compagnie che avranno necessità di capitalizzazione per raggiungere gli standard minimi, altre che dovranno avere ancora più capitale di quello richiesto per esigenze di rating. Il che potrebbe portare a modifiche dell’asset allocation con una conseguente dismissione di attivi, magari realizzati in un momento non favorevole del mercato, che potrebbero comportare il realizzo delle minusvalenze nelle gestioni separate, con effetti non certo positivi sui rendimenti prospettici della gestione stessa. Forse sono necessari accorgimenti tecnici per attutire l’impatto di Solvency, anche perché il regolamento 37 dell’Isvap in consultazione non viene in palese aiuto: si tratta di un restyling più moderno della circolare 71, però lascia il fianco scoperto a diversi problemi. Generali ha fortemente portato avanti, insieme ad Ania, la richiesta di una sorta di riserva di perequazione dei rendimenti proprio per permettere la stabilità dei rendimenti stessi, metterli al riparo dalle oscillazioni legate a un mercato che è assolutamente volatile e molto instabile. Ci deve essere un meccanismo che permetta di traghettare le gestioni separate attraverso i momenti sempre più frequenti di turbolenza finanziaria, in modo da ridurre al minimo alti e bassi che compromettono la permanenza dell’assicurato in un prodotto. Solvency 2 aggiunge ulteriore complessità al quadro generale e all’obiettivo della stabilità dei rendimenti.

Longo. A livello europeo la pressione nel nostro gruppo su Solvency 2 e sulle sue future parametrazioni sono indubbiamente forti. L’attenzione si concentra sulle soluzioni da adottare per ridurre i rischi di assorbimento di capitale, un aspetto molto delicato. E forse non è un caso che il regolamento 37 del dicembre 2009 sia in consultazione da molti mesi senza arrivare a una redazione finale. Le conseguenze del cambiamento normativo vengono prese in considerazione anche per i prodotti che verranno lanciati o rinnovati nel 2011 sia nel bancassurance, sia nella rete agenziale. Per fare un esempio, stiamo valutando alcuni interventi sul minimo garantito, con una regolamentazione e modellizzazione diverse da quelle storicamente attuate fin qui da tutte le compagnie. Grande successo ha avuto la sperimentazione della «multiramo», creata con l’obiettivo di spostare la quota del risparmio verso prodotti unit linked. Non vanno poi dimenticate le gestioni separate di piccole dimensioni che, per costi e poca dinamicità, cominciamo a essere poco efficienti: prevedo che ci possano essere fusioni di gestioni separate anche se il fenomeno non arriverà a interessare tutti i gruppi. Malgrado queste incognite, e le preoccupazioni per l’assorbimento di capitale, posso dire di essere ottimista. Il 2009 veniva definito da tutti il miglior anno in assoluto per la raccolta vita, un anno difficilmente replicabile. Invece il boom è continuato quest’anno e credo che anche il 2011 non dovrebbe deluderci.

Raichi. In termini di distribuzione le gestioni separate sono una fonte provvigionale primaria per la rete distributiva e di creazione di valore per il nostro partner assicurativo. I prodotti tradizionali di ramo I comunque soddisfano i tre requisiti che i prodotti assicurativi devono avere per funzionare nel canale bancario: dare una garanzia di capitale e di tasso e pagare un upfront significativo. Quest’ultimo aspetto è reso possibile dalla precontazione delle commissioni di gestione al distributore. I numeri stanno a dimostrare il grande successo di queste soluzioni, sulle quali le nuove normative avranno, a mio parere, un basso impatto. Il regolamento 37 per un grande distributore retail non ha di per sé effetti drammatici su questa tipologia di prodotti, se non aggiungere più trasparenza e leggibilità lato cliente. La banca o le grandi reti sono già abituate a proporre alla clientela prodotti a elevata trasparenza, basti pensare alla normativa Mifid. Da parte del normatore c’è la volontà di tutelare il piccolo nei confronti del grande, il consumatore verso la compagnia. Non mi sembra un’intenzione rivoluzionaria. I provvedimenti che prenderà l’Isvap faciliteranno il lavoro nei confronti della clientela, anche se esistono incongruenze con Solvency 2 e aspettiamo di vedere come saranno sanate. Piuttosto, nello scenario dei prossimi anni vedo sicuramente una maggiore specializzazione anche a livello di gestione finanziaria di tali tipologie di prodotti. Bisogna distinguere tra il risparmiatore che resta in una polizza con orizzonti di investimento medio lunghi e il cliente istituzionale (casse di previdenza piuttosto che altri enti interessati a investimenti in liquidità) che entra e esce nel breve. Sono due target che richiedono soluzioni diverse. La principale sfida del prossimo anno è rappresentata dal ramo III, magari facilitata dall’adozione di soluzioni multiramo in grado di coniugare il ramo I con il III, facilitando quindi il riposizionamento nei portafogli. Prodotti che possano favorire la necessaria transizione verso soluzioni finanziarie di ramo III specie per reti ormai abituate alla vendita delle garanzie di tasso e capitale. Una transizione inevitabile per la sostenibilità nel lungo periodo dei prodotti assicurativi, visti i tassi bassi e la grande massa di asset che continuiamo a raccogliere nell’ambito delle gestioni separate con le ovvie implicazioni finanziarie e di assorbimento di capitale.

Barbera. Un dato che dobbiamo assolutamente prendere in considerazione è che siamo in una economia senza crescita. Ricordiamoci del cliente e del contesto in cui si trova. Un’indagine a livello europeo sui vari target di clientela (retail, affluent e via dicendo) ci dice che i consumatori negli ultimi anni hanno vissuto una forte decrescita del loro potere di acquisto. Negli studi che abbiamo fatto in Cattolica sull’impatto di Solvency 2 risulta che molti prodotti, ieri attrattivi, vanno rimodulati, gli impatti della nuova regolamentazione sono molto complessi. La situazione in cui trova il consumatore può dare una spinta per proporre soluzioni diverse da quelle tradizionali: a titolo di esempio la garanzia del capitale o di una minima perdita possono essere viste come proposte interessanti. Io vedo un forte cambiamento del mercato perché il consumatore è in contesto diverso da quello nel quale avevamo immaginato l’offerta assicurativa e le compagnie opereranno con normative sostanzialmente differenti. Noi operiamo con molte joint venture, la banca è contemporaneamente intermediario e partner. I manager del settore bancario hanno già affrontato i cambiamenti apportati dall’adozione di Basilea 2, e comprendono molto bene il momento di cambiamento a cui ci stiamo avvicinando. Certo: l’importanza di raggiungere determinati budget commerciali talvolta crea vedute differenti. La conduzione di ogni singola compagnia deve essere improntata alla prudente gestione per cui saremo chiamati a decisioni che potrebbero portare, nel breve termine, a una certa contrazione del mercato, a titolo di esempio in Cattolica le polizze di capitalizzazione corporate sono considerate poco attrattive alle condizioni che altri partner concedono. Con Solvency 1 alcuni rischi vengono valutati in modo significativamente differente rispetto a Solvency 2.

Radice. Nationale Suisse è una compagnia di piccole dimensioni che distribuisce i propri prodotti di ramo I collegati alla gestione separata attraverso una rete di agenti plurimandatari. Dal nostro punto di vista è fondamentale non commettere l’errore di vendere i prodotti vita collegati alla gestione separata vendendo il tasso d’interesse al quale la rete agenziale oggi pone moltissima attenzione. Se qualche anno fa, presentando un nuovo prodotto vita, la prima domanda che normalmente veniva posta era il livello provvigionale riconosciuto, ora si richiede quale sia il tasso di rendimento garantito. Questo perché gli agenti considerano che il maggior punto di forza del prodotto sia il rendimento garantito. Sul livello provvigionale gli agenti hanno capito che il settore è profondamente cambiato rispetto a qualche anno fa, quando si vendevano prodotti a premio annuo con alte provvigioni precontate. Oggi le polizze vita collegate alla gestione separata sono considerati prodotti di servizio per la clientela, con livelli di remunerazione anche molto bassi. Nella vendita del prodotto bisogna evitare di porre l’attenzione solo sul tasso garantito. Cerchiamo di far comprendere ai nostri intermediari che la polizza vita collegata alla gestione separata ha altri punti di forza sui quali far riflettere il cliente. Quando la vendita è di fatto focalizzata solo sulla performance finanziaria, il cliente, appena vede una forma di investimento più attraente sotto il profilo del tasso di interesse, immediatamente esercita il diritto di riscatto. Per quanto riguarda l’ingegneria di prodotto tutti cercano, per quanto possibile, di avere fantasia. Oggi il mercato si sta sempre più indirizzando verso prodotti più flessibili: ecco la nascita di polizze che prevedono il riconoscimento annuo degli interessi maturati sotto forma di cedola, contratti con la garanzia di rendimento riconosciuta solo a scadenza oppure limitata nei primi anni di durata contrattuale. In definitiva, non posso affermare che i prodotti che investono nelle gestioni separate si assomiglino tutti, ma è un dato di fatto che è veramente difficile essere innovativi.

D. Solvency 2 e l’andamento dei mercati sembrano spingere verso una innovazione di prodotto. È davvero così? E quali sono i trend in questo campo?

Maffei. Stiamo assistendo a un’ampia varietà sul mercato, stiamo assistendo a una complessiva riduzione del tasso di rendimento garantito: pochissime compagnie offrono oggi il tasso massimo teoricamente garantibile, pari al 2,5%, e diverse società hanno provveduto a una revisione al ribasso del tasso garantito. Gli sforzi maggiori degli operatori si concentrano su forme più creative di garanzia con due obiettivi: da una parte non appesantire troppo la gestione separata e rendere possibili migliori performance, tutelando così l’interesse del cliente; dall’altra salvaguardare i conti economici delle compagnie. Così si va verso garanzie che vengono prestate in determinati eventi, come la morte o a scadenza, ma non più a ogni anno: sempre più raramente si concede oggi il consolidamento delle prestazioni, tranne il caso in cui il tasso scenda a zero, per cui il prodotto garantisce che ciascun rendimento annuale sia acquisito in via definitiva. A livello di design dei prodotti stiamo assistendo a un sostanziale avvicinamento delle varie strutture a premio unico, che si caratterizzano soprattutto per il modo in cui vengono proposti, oltre che per il prezzo. Sul mercato stiamo assistendo a una forte competizione sul pricing e sulla flessibilità dei prodotti e allo stesso tempo, anche su stimolo delle novità regolamentari, a una sempre maggiore attenzione agli investimenti in gestioni separate fatte dalla clientela corporate e private. L’analisi dei dati di mercato potrebbe dare qualche preoccupazione: infatti da un paio d’anni stiamo assistendo a una forte crescita delle riserve tecniche delle compagnie, avvenuta in un contesto di tassi di interesse offerti dai titoli di Stato abbastanza bassi. Ciò significa che le gestioni separate hanno recentemente immesso nei loro patrimoni dei titoli di Stato con tassi mediamente più bassi di quelli detenuti dalla gestione separata stessa. Naturalmente una situazione del genere sarebbe insostenibile nel lungo periodo: è quindi necessario, per poter creare valore, realizzare prodotti che consentano al gestore di poter acquistare titoli di lunga durata.

Galetti. La proposizione commerciale che stiamo adottando su questi prodotti sta un po’ cambiando. Il gruppo Intesa Sanpaolo ha adottato un modello consulenziale con una gestione dei portafogli molto focalizzata sul profilo di rischio del cliente, e dove i prodotti rivalutabili hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dei portafogli consigliati. Il prodotto di gestione separata sta quindi mutando il proprio ruolo: da garante di un rendimento minimo a strumento della riduzione della volatilità. Un cambiamento dovuto anche alla regolamentazione sul capitale, che riguarda sia le compagnie, sia le banche e che impone un maggiore controllo delle garanzie offerte. È un percorso difficile iniziato un anno fa e che porterà, entro la metà del prossimo anno, a nuove soluzioni che vanno nella direzione che un po’ tutti hanno indicato: revisione del livello delle garanzie e introduzione di prodotti multiramo. Un passaggio importante e delicato sarà il rapporto con i risparmiatori, che faticano a percepire le garanzie come un «costo» che pagano già oggi in termini di minori performance. Dovremo riuscire a comunicare nel modo giusto questo cambiamento, dove al maggior controllo delle garanzie offerte si affiancherà una più ampia libertà nella gestione del patrimonio e quindi migliori risultati attesi. Per quanto riguarda il regolamento 37, ritengo che non sia tanto una spinta ad accorpare quanto a segmentare, per dare più trasparenza e per trattare in modo più equo la clientela. Reputo che ci siano differenze nella gestione degli asset di un cliente che ha pagato per avere opzioni all’1,5% con chi ha pagato per avere il 3%. La mia sensazione è che in futuro avremo gestioni specializzate per target. Il cambiamento toccherà molti aspetti: dalla gestione del rapporto con i clienti ai costi, all’efficienza. E per rispondere alle nuove sfide dovremo focalizzarci anche sulla macchina operativa, dotarci di modelli interni che rendano l’organizzazione flessibile, pronta a cogliere i segnali di novità provenienti dal mercato e dai consumatori.

Spagnuolo. Per le gestioni separate abbiamo davanti a noi due fasi. Una a breve termine, legata all’andamento dei tassi e alla regolamentazione, in cui tutti avranno molte attività di svolgere per le normative Isvap. Un’altra a medio termine più impegnativa di cui il mercato non è ancora ben consapevole: mi riferisco alla sfida di Solvency 2, che sarà molto importante. La sensazione forte è che, a partire dai prossimi anni, il mercato avrà un’offerta assicurativa diversa nelle garanzie, nelle proposizioni, nella costruzione dei prodotti. Probabilmente avremo più coscienza del price for value, del fatto che l’opzione di uscire quando si vuole da una polizza ha un costo che spesso viene sottovalutato. Poiché Solvency 2 ci ricorda che questo costo esiste in termine di capitale e di redditività, all’entrata in vigore delle normative europee l’offerta cambierà. Le gestioni separate non spariranno, naturalmente, ma noi dobbiamo prendere coscienza al nostro interno e far capire ai distributori che le cose devono cambiare, perché il prodotto più amato da tutti porrà delle sfide difficili, in uno scenario complesso. Io spero che il regolamento 37, in consultazione, armonizzato con Solvency 2 ci permetterà di continuare a dare al consumatore quello che vuole, ovvero le soluzioni di ramo I, e già si discute se questo ramo può entrare nei fondi pensione: questa sarebbe una buona soluzione per il risparmiatore.

Carboni. Io ritengo che in termini di innovazione si possa parlare del contributo che può essere dato, non solo dal punto di vista del prodotto, ma anche dal lato normativo. Mi riferisco alla proposta presentata a livello di Ania sul regolamento Isvap sulle gestioni separate e ancora in fase di emanazione, relativamente a un fondo di perequazione degli utili realizzati che potrebbe essere di grande aiuto all’ottimizzazione delle gestioni. Con i rendimenti finanziari attuali, ma soprattutto con i grandi flussi degli ultimi due esercizi che si confrontano con un’offerta del mercato finanziario sostanzialmente basata su titoli di Stato con rendimenti in progressivo decalage, sarebbe infatti interessante avere a disposizione sistemi che tutelino la struttura della gestione separata e il suo «valore» di sempre: quello di fornire comunque rendimento sul lungo periodo, con variazioni che salgono o discendono con adeguata lentezza. Anche perché rimane latente il grave rischio di andare a cogliere opportunità, diciamo così, spinte. Le compagnie devono poi concentrarsi comunque sull’innovazione, anche se i margini di cambiamento appaiono limitati in considerazione delle stesse strutture di prodotto. Ugf, per esempio, quest’anno ha colto questo aspetto rinnovando completamente il proprio listino vita e operando essenzialmente su un concetto di marginalità che permetterà al prodotto di essere offerto in modo migliore e con maggiore vantaggio per la clientela, mantenendo parimenti il giusto equilibrio e sviluppo di redditività alla compagnia. Si è puntato soprattutto sulla durata del contratto (il patto di fiducia tra cliente e compagnia si avvalora nel corso di un determinato arco temporale) e sull’aggiornamento del concetto di garanzia che è fondamentale per il cliente. Queste variazioni vanno fatte capire alla clientela, con la trasparenza e la chiarezza necessarie, ma devono essere anche trasferite alla rete di distribuzione, che le deve recepire e comprendere in modo altrettanto chiaro. La sola vendita con il confronto sul tasso è una prassi antica, ma ancora molto comune; noi, però, dobbiamo dimostrare che non è solo così che si propone la gestione separata. Vendere prodotti diversi nati tramite una filosofia diversa e più attuale è un vero e proprio salto culturale, che consideriamo strategico e per questo motivo Ugf assicurazioni supporta la rete nel processo di cambiamento

D. Sul fatto che il mondo delle gestioni separate si prepari a grandi cambiamenti tutti sembrano concordare. Come state preparando le reti distributive, bancarie e agenziali, al salto culturale? Aumentate e approfondite la formazione? E sulle provvigioni, già diminuite nel vita, che politica pensate di attuare?

Carboni. Sul vita stiamo facendo una vera e propria azione di tutoraggio con strutture dedicate, a metà strada tra la formazione vera e propria e il supporto commerciale alla rete di distribuzione, il tutto finalizzato ad agevolare il salto culturale insieme alla nostra selling proposition. Per quanto riguarda la remunerazione, l’indirizzo è quello di evolvere progressivamente dal concetto di liquidazione provvisionale tout court a quello di pagamento in funzione della marginalità.

Maier. Invece che le aggregazioni, io penso che sia necessaria la specializzazione delle gestioni separate. In Generali abbiamo costituito gestioni specializzate con profili finanziari diversi, proprio per poter cogliere le opportunità diverse del mercato. Ciò ha dato la possibilità di dimostrare alla nostra rete che la gestione separata - se costruita bene, con il prodotto vita coerentemente collegato e con un’intensa attività di asset liability management - riesce a performare in maniera importante. Con gestioni composte di attivi prevalentemente corporate o immobiliari abbiamo dato soddisfazioni alla rete, che ci ha seguito ed è riuscita a guidare la asset allocation del cliente verso opportunità di diversificazione, nelle quali anche certi inasprimenti delle caratteristiche tecniche del prodotto vengono compresi meglio. È un passaggio fondamentale per rivitalizzare il ruolo professionale degli agenti e per far sì che il caricamento venga visto come strumento di remunerazione di un’attività a profondo contenuto tecnico e consulenziale. Un prodotto costruito in funzione di una determinata asset allocation implica anche durate più lunghe e, com’è naturale, un costo di uscita in caso di riscatto. In questo processo, la compagnia ha un onere informativo importante e molto costoso, ma è dovere della compagnia mettere le agenzie e i clienti nelle condizioni di capire quello che sta succedendo, con il coraggio anche di chiudere gestioni separate quando è il momento. Sono messaggi che la nostra rete ha colto in maniera molto positiva.

Barbera. Anche noi, nel bancassurance del gruppo Cattolica, abbiamo adottato questo approccio invece di fare nuove gestioni; alcune le abbiamo riposizionate. In banca stiamo rilanciando l’offerta che riguarda piani pluriennali, perché così si stabilizzano gli elementi del passivo della compagnia. Nei prossimi periodi, la condivisione con il distributore delle scelte marketing dovrà essere ancor più essenziale che nel passato: la chiave di volta risiede nel livello di consulenza che riusciamo a proporre al cliente. Con Solvency 2 e i regolamenti Isvap, se non superiamo il limite rappresentato dalla selling proposition del massimo rendimento possibile per le gestioni separate avremo grandi difficoltà nella gestione del business assicurativo.

Spagnuolo. Abbiamo lanciato un prodotto a idonea provvista, regolato da tanto tempo con un diverso collegamento al Tmo (tasso medio trimestrale del rendimento dei prestiti obbligazionari emessi dallo Stato, ndr) che però non era mai stata utilizzato. Noi l’abbiamo riconsiderata. Ma adesso ci siamo fermati, perché le condizioni di mercato non lo consentono. A livello generale non penso che il mercato si svilupperà in diverse direzioni: alcune compagnie specializzeranno le gestioni separate, altre le accorperanno. Si sta già procedendo sul terreno dell’innovazione, apportando alcuni cambiamenti al minimo garantito, alle penali, all’asset con gestioni diverse. Importanti sono le trasformazioni a cui stiamo assistendo: lo vediamo dai mercati, naturalmente, e da tanti segnali che vengono dalla rete distributiva, ma anche dai focus: la clientela fa sempre più attenzione alla tutela del capitale, si sta passando da una logica fondata sul concetto del «quanto mi rende» a quella che si basa sul «quanto sono sicuro». L’investitore è diverso da quello di due anni fa e non so come sarà fra tre-cinque anni. Come diceva Luigi Einaudi «i risparmiatori hanno cuore di coniglio, gambe di lepre e memoria di elefante». Quindi, il ricordo dell’esperienza passata farà sì che la protezione del capitale resti una costante, mentre l’attenzione al rendimento diminuirà. Nei prossimi anni assisteremo anche a uno sviluppo del multiramo.

Raichi. Va anche tenuto presente che nei fattori di indubbio successo di questi prodotti ha giocato, sul versante della distribuzione, la serenità di offrire un prodotto con rischi reputazionali decisamente minimi, per la strategia di investimenti prudente e diversificata adottata nelle gestioni separate da tutto il mercato. Basti ricordare le campagne di salvataggio messe in atto dal mercato, e in primis da Banco Popolare e Fondiaria Sai, a tutela della clientela colpita dal crack Lehman. La sostenibilità delle gestioni separate nel medio periodo risulta essere problematica, a meno di interventi radicali sul prodotto in termini di sostanziale riduzione di garanzie prestate con un conseguente calo di appeal. Si prospetta, quindi, la necessità di spostarsi su altri prodotti e tipologie di investimenti aiutando le reti a vendere più ramo III. La maggior penetrazione del prodotto assicurativo nelle sue tipologie più liquide è sicuramente coerente con le moderne strategie retail delle principali banche, ricordando l’importanza del margine da intermediazione sui conti economici bancari a livello di sistema.

Maffei. In linea di massima, le reti agenziali sono quelle che tendono a dare un maggior valore al livello di tasso garantito, seguite dalle reti bancarie e dai promotori, che hanno una clientela mediamente meno avversa al rischio e che fa maggiore utilizzo degli altri strumenti finanziari. Nell’attuale quadro in cui ci troviamo, in virtù del fatto che adesso le gestioni separate hanno un rendimento superiore ai titoli di Stato, vedo un’importante opportunità di business per l’assicuratore che può sfruttare questo momento per tornare finalmente a fare l’assicuratore. Su prodotti di risparmio di medio-lungo periodo l’assicuratore ha la possibilità di modulare coperture di rischio, anche in maniera flessibile, sfruttando la leva dei tassi garantiti per aggiungere alla componente finanziaria anche una assicurativa che, oltre a contribuire in maniera importante ai margini della compagnia, fidelizza il cliente. Fatto non trascurabile, anzi fondamentale, oggi.

Longo. In Italia il mercato della protection è basso in termini di incidenza rispetto al totale delle polizze vita, intorno allo 0,8%. E Aviva ci punta molto: nel nostro portafoglio, l’incidenza dei prodotti vita/protezione è arrivata al 5%: un dato interessante, a conferma di come la clientela ricerchi la necessità di tutela. Questo è un aspetto molto importante anche dal punto di vista distributivo. E cioè: l’agente che raccoglie risparmio ma, allo stesso tempo, vende protezione. Anche gli istituti di credito che lavorano con noi hanno percepito questa necessità e stanno operando in quest’ottica con risultati sicuramente soddisfacenti. La protezione della famiglia a 360 gradi, soprattutto in periodi di crisi e di recessione, ha anche una forte valenza sociale, aspetto che dovrebbe far parte, in maniera integrante, del lavoro dell’assicuratore.

Radice. Non credo che sia percorribile il ritorno alle polizze miste di vecchia generazione (queste coperture offrivano una limitata protezione assicurativa e il più delle volte erano acquistate esclusivamente per avere il beneficio della detraibilità fiscale del premio versato). Oggi se un cliente vuole una copertura assicurativa adeguata sottoscrive una polizza temporanea caso morte, che viene affiancata da un prodotto di investimento. Con le aspettative di vita di oggi le polizze puro rischio costano poco e costituiscono per l’agente una buona fonte di reddito.

Maier. Al di là della tipologia di prodotto, che dipende in ultima analisi dalle caratteristiche del canale distributivo, quello che si è completamente perso di vista è il concetto di risparmio finalizzato. E se non si guarda a un orizzonte temporale, non si fanno scelte finanziarie coerenti. Occorre recuperare una stretta coerenza tra caratteristiche dei prodotti venduti e bisogni del cliente.

Su questi concetti va formata e riqualificata la rete agenziale, è un passaggio necessario per evitare il depauperamento e, alla fine, l’implosione delle gestioni separate.

Deambrosis. Io non credo che sia una questione di tecnica di costruzione del prodotto, ma di marketing. La rete va aiutata con una profilazione più accurata, che permetta di proporre soluzioni adeguate ai vari target per i diversi bisogni. Nella nostra esperienza abbiamo notato che, se un prodotto di risparmio è presentato come risparmio finalizzato, per esempio, agli studi del nipote, è più semplice la selling proposition. E l’intermediario riesce a uscire dalla logica del vendere la polizza perché è quello che rende di più. Se la compagnia è orientata alla creazione di valore, anche la rete deve avere lo stesso orientamento. Ma non è semplice. Si può raggiungere l’obiettivo con un buon marketing e con un sistema di incentivazioni sofisticato che non consideri, per esempio, indistintamente tutta la nuova produzione ma anche il tipo di prodotto venduto. Si tratta di fare un salto quantico, che però può dare grandi risultati.

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