"Ghe pensi mi", la nuova strategia di Berlusconi: ultimatum a Fini, via Brancher, pace con il Colle

Vicine le dimissioni di Brancher. Il premier al vertice Pdl: "Con Tremonti si deve discutere, Fini sabotatore". Ultime 48 ore per la diplomazia, poi la resa dei conti. E sulle intercettazioni c’è l’ok a chiudere a settembre

"Ghe pensi mi", la nuova strategia di Berlusconi: 
ultimatum a Fini, via Brancher, pace con il Colle

Roma - Se non gli è balzata davanti agli occhi durante il lungo vertice del Pdl a Palazzo Grazioli, certamente la villa di Antigua se la sarà sognata questa notte. Perché è lì che doveva essere ieri Berlusconi, per una due giorni di relax dopo il tour de force tra Canada, Brasile e Panama, una trasferta da 43mila chilometri e oltre 40 ore di volo in sei giorni. Invece niente, il Cavaliere è dovuto rientrare a Roma e sorbirsi l’ennesimo vertice per mettere a punto quel che ormai si mette a punto da mesi. Già, perché sul tavolo ci sono gli argomenti di sempre - da Fini alle intercettazioni, dagli affondi del Colle alla manovra di Tremonti - e il premier davvero sembra non poterne più di sorbirsi sempre i soliti problemi. Ai suoi interlocutori - Letta, La Russa, Chicchitto, Gasparri, Quagliariello, Alfano e Ghedini - lo dice senza girarci troppo in torno. Perché, è il senso del ragionamento del premier, «hanno ricominciato con la strategia della cottura a fuoco lento». Insomma, c’è chi lavora per delegittimare il governo giorno dopo giorno.

Ed è per questo che il Cavaliere vorrebbe chiudere la partita in tempi brevi, al più tardi lunedì. Perché, dice durante la riunione, «non se ne può più». E Berlusconi non ce l’ha solo con Fini, ma pure con il Quirinale e per alcuni versi con Tremonti. Insomma, spazio alle mediazioni di Letta per altre 48 ore, poi, il Cavaliere sarebbe persino pronto allo show down. E il punto d’intesa tra Palazzo Chigi e Colle potrebbe essere proprio un passo indietro del neoministro Brancher (anche se il diretto interessato smentisce qualunque retromarcia). I due ne hanno parlato ieri a quattr’occhi per una mezz’ora e la decisione sarà presa domani in un altro faccia a faccia ad Arcore. L’irritazione di Napolitano per la vicenda Brancher è infatti nota e le sue dimissioni sarebbero una sorta di lasciapassare per una mediazione con il Quirinale (oltre a evitare alla maggioranza che l’8 luglio la Camera voti la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni). A quel punto - e magari dopo qualche ritocco al ddl - le intercettazioni dovrebbero andare avanti senza più fronde e con il Cavaliere che sarebbe anche disposto a far slittare il via libera definitivo a settembre nel caso dal Colle arrivassero solide rassicurazioni sull’iter del lodo Alfano costituzionale.

Come finirà l’ennesima impresa disperata affidata alla diplomazia di Letta lo si saprà a breve, di certo c’è che i margini di manovra sono piuttosto stretti. Tanto che Berlusconi non perde l’occasione per mandare messaggi chiari. Fini, spiega durante la riunione a porte chiuse, continua a fare «il sabotatore» e con Bondi ha fatto «una scenata da pazzi» che «non era altro che teatro». Insomma, o rientra o questa volta è guerra. Per dirla con le parole di Cicchitto, visto che «nel Pdl c’è chi ha preso a modello la litigiosità del Pd» o «si definiscono i termini di una convivenza costruttiva oppure sarà più ragionevole definire una separazione consensuale». Un j’accuse, quello del Cavaliere, fatto a nuora (l’ex leader di An) perché anche suocera (il Colle) intenda. Con la tentazione di andare al redde rationem già la prossima settimana quando la commissione Giustizia della Camera voterà sul ddl intercettazioni. Sono infatti note le perplessità dei finiani che in Commissione sono in grado di mandare sotto la maggioranza, con le conseguenze politiche del caso ma anche formalizzando di fatto la separazione visto che il ddl ha avuto il placet all’unanimità (unico astenuto il premier) di tutto l’ufficio di presidenza del Pdl. Altra strada, invece, potrebbe essere quella di affidare proprio all’ufficio di presidenza del partito - convocato per mercoledì - l’ufficializzazione del divorzio.

E tra i tanti problemi che mandano «in ebollizione» la maggioranza c’è anche il caso Tremonti.

Perché, spiega in privato il premier, «su molte cose Giulio ha le sue ragioni ma su altre è arrivato il momento di discutere seriamente». Insomma, non è possibile - è il senso della riflessione del Cavaliere - che o le cose stanno come dice lui oppure non stanno affatto. Evidente riferimento alla querelle tra via XX settembre e le regioni.

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