Gianfranco come Gaber? Fatevi uno shampoo

STROFE Ma è meglio l’altro brano, dove il protagonista dice: «Non ne posso più di recitare per darmi un tono»

Gianfranco come Gaber? Fatevi uno shampoo

di Tony Damascelli
Il pensiero di Fini? Roba di Gaber, Giorgio Gaber. Colpo di scena: non Socrate, non Rousseau, non don Bosco o Montessori, i docenti di pedagogia, materia di studio e di laurea del Presidente. No, piuttosto il nostro caro Giorgio e le sue parole, i suoi scritti, le sue canzoni. Così illustra Filippo Rossi nell’ultima spiegazione, imprevista e imprevedibile, del pensiero finiano, pubblicato da Ffwebmagazine, che sarebbe poi il periodico on line di Farefuturo: «Ascoltate il testo di Libertà. Volete capire il finismo? Volete capire quel che si muove attorno a Gianfranco Fini? Volete capire perché tutti i sondaggi lo danno tra i leader italiani più credibili e rispettati? E capire perché ci sono tante persone che, sia a destra sia a sinistra, guardano al suo percorso politico con curiosità e interesse? Per capirlo ascoltate con calma questa canzone di Giorgio Gaber». A parte l’abolizione del congiuntivo, Rossi ovviamente suggerisce anche di ascoltare l’audio e di ascoltarlo ancora e ancora ascoltarlo.
La Libertà, venne scritta nel millenovecentosettantadue, era l’introduzione al recital Dialogo fra un impegnato e un non so.
«...la libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione..
...vorrei essere libero, libero come un uomo
come un uomo che ha bisogno
di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio
solamente nella sua democrazia
Che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà...».
Lorenzo Arruga, grande amico di Giorgio, sulle pagine de Il Giorno spiegò che «l’Impegnato era un duro senza dubbi né inquietudini, che continua a progettare la rivoluzione come soluzione di ogni problema e che giudica tutto solo in base a un meticoloso regolamento su astratti valori rivoluzionari. Il Non so è lo scettico che aspetta l’Impegnato al varco per mostrare che non risolverà mai niente ma intanto non risolve nulla neanche lui».
C’è da chiedersi se i finiani preferiscano essere l’uno o l’altro, o il terzo, come aggiunse, a sorpresa, Gaber. Filippo Rossi non lo spiega, non aiuta a comprendere la risoluzione dell’interrogativo politico-esistenziale, dopo aver proposto, lui, una serie di interrogativi angoscianti, sulle folle plaudenti e sui sorrisi stereotipati ma, su tutti, quello ansioso «sulla monoliticità».
A proposito di libertà, suggerirei di segnalare «a coloro i quali, sia a destra sia a sinistra, guardano al percorso politico di Fini con curiosità e interesse», un altro scritto di Gaber che porta il titolo di Il Comportamento ed è tratto da Libertà obbligatoria:
«Mio nonno è sempre mio nonno
È sempre Ambrogio in ogni momento
Voglio dire che non ha problemi
di comportamento
Io non assomiglio ad Ambrogio
L’interezza non è il mio forte.
Per essere a mio agio
Ho bisogno di una parte
...Quando in treno incontro una donna
io m’invento serio e riservato
faccio quello che parla poco
ma c’ha dietro tutto un passato.
E se mi viene bene, se la parte mi funziona
Allora mi sembra di essere una persona...
...Non ne posso più di recitare
di fingere per darmi un tono
io mi mostro senza pudore
pur di essere quel che sono.
E se mi viene bene, se la parte mi funziona
Allora mi sembra di essere una persona.
Se un giorno noi cercassimo chi siamo veramente
Ho il sospetto che non troveremmo niente».


Così scriveva Gaber, uno di sinistra ma non della sinistra, come gli piaceva essere definito. Resta da chiarire ruolo e direzione dei finiani.
Nell’attesa, come suggeriva stancamente Giorgio, sempre nel Dialogo tra un impegnato e un non so, quasi quasi mi faccio uno shampoo.

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