«Gianfranco voleva un’aziendina I pm hanno poteri senza limiti»

nostro inviato a Yaroslav (Russia)

Sarà anche vero, come dice un ministro che il Cavaliere lo conosce bene, che «quando Silvio si allontana da Gianni la pancia rischia di prendere il sopravvento sulla ragione». Ma pur essendoci tra Roma e Mosca oltre duemila chilometri, terminato l’intervento al World political forum Berlusconi appare rilassato e tranquillo nonostante una chiacchierata al telefono con il suddetto Gianni - ovviamente Letta - e con un’altra colomba come Bonaiuti. Tanto che a sera, dopo aver cenato nella dacia di Putin, prima di rientrare in albergo si concede un’ora di relax in un ristorante-lounge bar di Mosca, sulle note della remixata Tu vo fà l’americano.
Il primo affondo pubblico su Fini e le bordate contro la magistratura davanti a una platea internazionale, dunque, non sono né frutto del caso né di un discorso buttato giù in aereo, perché - spiega il premier aprendo il suo intervento - il «mio ufficio studi» è stato «male informato» e ha preparato uno speech «lievemente fuori tema». D’altra parte, l’ultima volta che cestinò un discorso ufficiale - un anno fa all’assemblea generale dell’Onu - con il suo staff non nascose un’irritazione di cui ieri non c’era traccia. Avanti a braccio, dunque. Per mandare a Fini un messaggio chiaro: la partita non è affatto chiusa. La scusa è che il presidente russo Medvedev gli ha appena chiesto lumi sulla situazione politica italiana. Risposta: «Sono piccole questioni di professionisti della politica che vogliono avere la loro aziendina politica». «Ma sono cose - aggiunge davanti ai delegati di quella che punta ad essere una sorta di Davos russa - che non toccano la governabilità. Andremo avanti per i tre anni di legislatura».
Il nome di Fini il Cavaliere non lo pronuncia mai, ma l’affondo è chiaramente diretto al presidente della Camera. Perché, spiega in privato il premier, «la questione non è affatto chiusa nonostante stia facendo l’impossibile per tenere in piedi il governo». Berlusconi, infatti, pur lavorando all’allargamento della maggioranza in vista del voto di fine settembre è convinto che la strada sia tutta in salita. Perché, confidava giovedì al telefono con un amico, la maggioranza ha già avuto problemi di tenuta quando la pattuglia finiana non si era ancora staccata dal Pdl ed è difficile pensare che non ce ne saranno in futuro. Insomma, è chiaro che «non si può governare a lungo con il pallottoliere in mano». Parole che lasciano intendere come l’ipotesi del voto a marzo resti al momento ancora in piedi.
Ma l’affondo su Fini è dettato anche da quel che succede a Gubbio. Dove Schifani, interpellato sull’argomento, non può che seguire il profilo istituzionale e dire che il presidente della Camera «per regolamento e Costituzione non è sfiduciabile». La seconda carica dello Stato spiega che la sua è una valutazione tecnica e precisa anche di non voler intervenire su «valutazioni politiche» ma il rischio è che l’ex leader di An pensi che la partita sia chiusa e che il Pdl abbia fatto retromarcia sulla sua richiesta di dimissioni. Ci mancherebbe altro. Una cosa, ragiona il Cavaliere, è fare di tutto per salvare la legislatura, altra ignorare due anni di logoramento continuo e fingere che nulla sia accaduto. Così, affonda il colpo da Yaroslav seguito a sera da Bondi («È incompatibile come Bertinotti») e Lupi («Nessuna marcia indietro sulla richiesta di dimissioni»).
L’artiglieria, dunque, resta schierata. Tanto che non è un caso che il Cavaliere insista nella necessità di trovare una maggioranza autonoma dal Fli. O si governa senza Fini e i suoi ricatti - è il suo ragionamento - oppure non si governa. Niente pallottoliere, insomma. E di trattare con l’ex alleato nemmeno a parlarne. Ed è sempre in quest’ottica che Berlusconi punta ancora una volta il dito contro la magistratura, replicando l’affondo del dicembre scorso a Bonn davanti al congresso del Ppe. Ma con un paragone più forte se il senso delle sue parole è che tutte le democrazie hanno i loro problemi. Ce li ha la Russia di Putin e Medvedev, che è all’inizio di un percorso che «deve perfezionare», ma pure l’Italia «oppressa da burocrazia, fisco e magistratura». E via a ricordare come le procure abbiano «assunto un potere che non ha limiti» fino a «intervenire pesantemente sulla vita del Paese». Nel 1993, aggiunge, furono le toghe «politicizzate di sinistra» ad «aprire la strada ad un partito comunista non ancora pienamente democratico» e che «incassava dall’Urss il 60% dei soldi» che Mosca «stanziava ai partiti comunisti» di tutta Europa. Ovvio che D’Alema, anche lui in platea a Yaroslav, non trattenga l’irritazione. «È grave - ribatte l’ex premier - usare una sede internazionale per lanciarsi in polemiche politiche. Un premier di questo genere è bene se ne vada al più presto». Ma l’affondo sulla giustizia il Cavaliere ce l’aveva in mente da tempo, tanto dall’essere stato più volte sul punto di inviare - tramite Farnesina - una lettera a tutti i ministri dell’Ue per fare il punto sulla situazione italiana. Senza dimenticare la tentazione del discorso alle Camere.

D’altra parte, la convinzione di Berlusconi è che l’azione di logoramento nei suoi confronti sia portata avanti da Fini d’intesa con la magistratura. E in attesa che la Consulta bocci a dicembre il legittimo impedimento e riapra le danze.

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