Il giovane erede di Marchesi accende i piatti di colore

Menù simmetrico che spazia dal nord al sud: si resta a bocca aperta per la consistenza e per il verde degli spinaci. Pollice verso sul vino: c'è solo la Bonarda

Un altro ristorante milanese? Ebbene sì, ma non è colpa dell'Incontentabile, che anzi resta un fiero provinciale, se nelle piccole città le poche novità sono costituite da locali per happy hour, hamburger e pizze (seppure adesso con l'aggiunta della parola «gourmet» per segnalare un'autocertificata nuova qualità). Quel poco di ristorazione vera che resiste alla crisi infinita sembra poter allignare solo nelle località di grande afflusso. Anche se da Roma è giunta la triste notizia della chiusura del ristorante di Oliver Glowig, sopraffino cuoco tedesco più italiano di tanti italiani che ha dovuto alzare bandiera bianca perché quando fra sala e cucina devi pagare 20-22 persone (e per fare un certo tipo di alta cucina 20-22 persone ci vogliono) starci dentro è impossibile. Che amarezza. Ma torniamo a Milano e quindi al ristorante che prende il nome da Daniel Canzian. Qui sorge un problema linguistico: l'accento del nome dove si mette? Sulla A o sulla E? Daniel a domanda personalmente risponde che l'accento va messo sulla A ma che una nonna veneta (lui è nato a Conegliano) l'accento lo metteva sulla E.L'Incontentabile per non dispiacere né al mondo né al Veneto, né al nipote né alla nonna, gli accenti li usa entrambi: Dàniel quando chiama il cuoco per nome, Danièl quando usa anche il cognome. In Dàniel Canzian esiste una disarmonia fra i due elementi mentre in Danièl Canziàn l'accento sull'ultima vocale sia del nome del cognome crea una simmetria così piacevole che sembra di ascoltare una filastrocca di Andrea Zanzotto, il gran poeta anche lui della Marca. Simmetrico è aggettivo valido anche per la cucina. Basta leggere il menù: carciofi alla romana, uovo alla parmigiana, tortelli di zucca, zuppa alla pavese, dadolata di costoletta alla milanese, zucca in carpione, tiramisu... Ci sono il Nord e il Sud (dalla conquista piemontese del Regno delle Due Sicilie la capitale del Sud non è più Napoli, è Roma), il passato e il presente, il dolce e l'acido, tutto in gustoso equilibrio. Canzian è l'ultimo dei marchesiani ossia il più recente prodotto della gran scuola del grandissimo Gualtiero Marchesi che significa sublime semplicità e professionale esattezza a ogni livello sensoriale, visivo, olfattivo, gustativo... Nel caso di specie innanzitutto a livello cromatico, sarà che l'arte veneta si è sempre caratterizzata per il colorismo e che nativo di Conegliano era anche Cima da Conegliano. Canzian è l'ultimo dei marchesiani e forse il più giovane (classe 1980) dei migliori cuochi italiani o magari il migliore dei giovani cuochi italiani, chissà. La guida dell'Espresso, e precisamente il suo direttore Enzo Vizzari, ha inflitto a Massimo Bottura un voto sconsiderato, venti ventesimi, adatto a Dio se Dio avesse deciso di mettersi ai fornelli e di farsi giudicare da noi mortali. Quindi un voto devastante per la psiche di chiunque e figuriamoci per quella del bravissimo cuoco modenese già pochissimo propenso a mettersi in discussione. E allora il divino Gualtiero che voto avrebbe meritato nei suoi anni d'oro, nei fantastici Ottanta? Trenta ventesimi? Quaranta? Si sta parlando dell'uomo che nell'Italia delle trattorie introdusse la nuova cucina del rispetto degli ingredienti, nel frattempo allevando personaggi come Andrea Berton, Paola Budel, Carlo Cracco, Enrico Crippa, Pietro Leemann, Paolo Lopriore, Davide Oldani... Marchesiana è la dadolata di costoletta alla milanese ma canzaniani sono gli spinaci alla base, di un verde e di un consistente che lascia a bocca aperta.L'Incontentabile prima si è consultato con Allan Bay: ma come ha fatto? «Forse li ha gettati in acqua bollente per 30 secondi a fuoco massimo, quindi li ha scolati in acqua e ghiaccio» dice il critico ipertecnico. Poi si è consultato con l'artefice: «Li lavo, li asciugo con un panno, metto pochissimo burro in una padella antiaderente e appena sfrigola li butto dentro un minuto». Facendo la figura di quelli che vogliono rubare le ricette quando in alta cucina non esistono ricette rubabili, se mancano i fondamentali (e i fondamentali mancano a quasi tutti) rubare è inutile. A casa è impensabile replicare, sarebbe sciocco insistere e chiedere il segreto dei carciofi alla romana, mai mangiato carciofi così buoni a Roma, così come il segreto del tiramisù, mai mangiato un tiramisù così buono a Treviso (il tiramisù nacque a Treviso). Mentre il segreto di una sala così bella è facile da svelare: di fronte c'è il retro della galleria Antonio Colombo, la prima in Italia per quanto riguarda la pittura figurativa vivente.

Ecco spiegati i quadri alle pareti che fanno del Ristorante Daniel un aggiornatissimo museo di arte contemporanea, con le Madonnine di Fulvia Mendini, la storia a colori di Marco Cingolani, la foresta urbana di Giovanni Frangi, le sublimi architetture di Marco Petrus... Di cosa può lamentarsi l'Incontentabile? Del vino. In carta l'unico rosso lombardo è una Bonarda bio e un razionalista marchesiano forse potrebbe non piegarsi alla moda furbastra e dozzinale del bio.

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