Cronache

Giudice «fuori quota»: il processo agli agenti rischia l’annullamento

Polizia sotto accusa per aver «tentato» di ritardare i processi per arrivare alla prescrizione? Trucchetti, scappatoie, rinvii, cavilli. Tutto per spostare sempre un po’ più in là la data dei processi e arrivare alla «scadenza» dei termini. Questa è l’accusa, formulata in modo diretto e pesante proprio in questi giorni, ai legali di agenti e funzionari della polizia. E se invece per «colpa» di un magistrato saltasse il processo dei processi? La condanna in corte d’appello per gli uomini in divisa?
Il rischio c’è. Ed è clamoroso. Una recente sentenza del Tar del Lazio sembra scritta apposta per ricalcare il caso genovese. Riguarda la possibilità che hanno i magistrati di ottenere una deroga sull’età pensionabile. Chi vuole restare in servizio oltre i 70 anni di età, stando alla norme prevista dal decreto legislativo n.503 del 30 dicembre 1992, dovrebbe presentare la domanda «dai 24 ai 12 mesi antecedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo». Cioè un magistrato deve fare domanda per restare in servizio fino a 72 o 75 anni tra il giorno del compimento del suo 68° e del sul 69° anno di età. Prima o dopo questi due termini, la domanda non può essere accolta. Almeno così stabilisce in modo inequivocabile il decreto legislativo e così ribadiscono anche alcune circolari interpretative.
Il presidente della Corte d’appello genovese che decise la condanna dei poliziotti, Salvatore Sinagra, aveva più di 70 al momento della celebrazione del processo. Ma avrebbe anche presentato la richiesta per restare in servizio, a «tempo scaduto». Il Consiglio superiore della magistratura aveva accolto la sua richiesta. Ed era arrivata la sentenza d’appello. Lo stesso Csm però aveva accolto «fuori tempo» anche un’altra domanda, quella di Vittorio Borraccetti, che grazie alla «deroga» era stato poi eletto proprio come membro del Csm. Il primo dei non eletti, Carlo Fucci, aveva fatto ricorso al Tar del Lazio. Ed è proprio la sentenza di questo tribunale, depositata il 21 marzo 2011, che dà ragione al magistrato che «protestava». Di fatto, per il Tar del Lazio, presentare la domanda fuori tempo equivale ad essere ormai pensionati. Quindi, se la sentenza venisse confermata al Consiglio di Stato, e così pure la giurisprudenza venisse invocata anche per il caso di Genova, si potrebbe arrivare a un epilogo clamoroso. Quello che la Corte d’Appello non fosse legittimata a celebrare il processo con quella composizione e in particolare con un presidente che in realtà sarebbe da considerare ormai un magistrato in quiescenza.
sarebbe una vera e propria bomba. L’azzeramento di un processo che davvero rischierebbe di finire in prescrizione.

Ma non per i presunti «giochetti» dei poliziotti.

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