Giudice si spara in ufficio: era stato licenziato

da Torino

Non ha sopportato di perdere il posto: per lui, fare il giudice di pace era il suo unico lavoro. Così, prima ha spedito un messaggio di posta elettronica ai magistrati che lo avevano rimosso dall’incarico, criticando la loro decisione. Poi si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola alla tempia destra, nell’ufficio in cui aveva lavorato per quattro anni. Lì dove aveva concepito le sue sentenze, a volte assai discusse.
L’ultimo giorno di Francesco Sibilla, 57 anni, si è consumato così, fra le 7.20 e le 8 di ieri mattina, nella palazzina che a Torino ospita una sede distaccata del palazzo di giustizia. Giovedì l’uomo aveva saputo della decisione presa dal Csm, dopo un parere del Consiglio giudiziario del Piemonte. Le motivazioni dei suoi provvedimenti erano state esaminate e un membro del Consiglio aveva steso una relazione negativa, votata all’unanimità. Alcune sentenze di Sibilla avevano destato clamore e critiche. Nel 2005 annullò l’espulsione di un clandestino rumeno in vista dell’entrata della Romania nell’Unione europea. E, soprattutto, Sibilla aveva cancellato decine di multe agli automobilisti (una volta spiegò che gli autovelox erano inaffidabili, perché privi di meccanismi di taratura), attirandosi gli strali delle amministrazioni comunali.
Ma per il Consiglio il problema erano le «gravi lacune» dei provvedimenti, «spesso redatti in modo molto confuso, con affastellamento e ripetizione di argomenti, talora con motivazione apparente e parti di motivazione riportate inutilmente». Per Sibilla una mortificazione professionale e anche un crollo economico, visto che il compenso (un giudice di pace guadagna poco più di 1.500 euro al mese) era la sua sola fonte di reddito, necessaria anche per pagare gli studi del figlio, che frequenta l’università a Pisa. Così, ieri mattina è entrato in ufficio, come sempre, alle 7.20. «Mi ha salutato solo con un buongiorno - racconta un’impiegata - e mi è parso strano, perché di solito lui, così garbato, scambiava sempre qualche parola».

Nessuno, nella palazzina quasi deserta, ha sentito lo sparo. A trovare il corpo, verso le otto, è stato un collega. Sul tavolo c’erano tre fogli stampati scritti al computer, tutti uguali: chiedevano di avvertire la moglie.

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