Giugno 1974 La prima strage della stella a cinque punte

Fu un’esecuzione, spietata, come hanno poi dimostrato le sentenze. Perché quello di Graziano Giralucci, appassionato di rugby e agente di commercio in articoli sanitari militante del Movimento sociale, e di Giuseppe Mazzola, carabiniere in congedo, pure lui militante missino fu, di fatto, il primo omicidio della strategia del terrore delle Brigate rosse. Un crescendo che avrebbe segnato in modo indelebile la storia d’Italia.
Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola furono uccisi a Padova, la mattina del 17 giugno del 1974. Intorno alle 9 e 30 un commando composto da cinque persone entrò nella sede del Movimento sociale di via Zabarella 24. L’obiettivo era quello di portare via alcuni documenti del Msi-Dn, ma dentro c’erano Giralucci e Mazzola. Che reagirono, finendo colpiti a morte. Avevano, rispettivamente, 40 e 60 anni. Non si comprese subito di cosa si trattava. La rivendicazione, con un metodo che sarebbe diventato classico - due volantini fatti ritrovare in altrettante cabine telefoniche, a Milano (Mazzola era di Bergamo, ndr) e a Padova, arrivò il 18 giugno, dopo una telefonata alla redazione di Padova del Gazzettino.
Due famiglie distrutte. Giralucci lasciò orfana la piccola Silvia, che all’epoca aveva appena tre anni, e la moglie Bruna. Ben più numerosa la famiglia di Mazzola, quattro figli e la moglie Giuditta. Due famiglie distrutte che per avere giustizia hanno dovuto aspettare ben 16 anni. Risale infatti al maggio del 1990 la sentenza della Corte d’Assise di Padova che condanna tutti gli imputati: Renato Curcio, Mario Moretti e Alberto Franceschini, per concorso morale, a 12 anni e otto mesi; 18 anni per omicidio volontario a Roberto Ognibene; nove anni e sei mesi a Susanna Ronconi e Giorgio Semeria; sei anni, un mese e dieci giorni a Martino Serafini.

Il processo d’appello nel ’91, inasprisce le condanne. A margine, una polemica tra i familiari delle due vittime e il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, quando si ipotizzò la concessione della grazia a Renato Curcio.

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