Giuliano festeggia sulle note di «Bella ciao»

MilanoPopolo di sinistra sulle barricate, traffico bloccato in corso Buenos Aires, un gruppetto di signore intona Bella ciao. È l’inizio dei festeggiamenti. Al comitato elettorale di Giuliano Pisapia con vista sulla Feltrinelli, la folla spinge in preda a una specie di incredulo delirio anni Settanta. La Banda degli ottoni a scoppio intona «Stato e Padroni, fate attenzione, nasce il partito dell’insurrezione». È l’inno di Potere Operaio, che finisce in «bandiere rosse e comunismo sarà».
Tocca alla Ballata di Pinelli: «Quella sera a Milano era caldo. Ma che caldo che caldo faceva. Brigadiere apra un po’ la finestra. E ad un tratto Pinelli cascò». Sembra che la vittoria del candidato della sinistra radicale abbia spalancato le porte della soffitta. I fantasmi del passato sono scappati: eccoli in mezzo alla strada a festeggiare il 48 per cento dell’aspirante sindaco Giuliano Pisapia.
Lui ha l’aria che frastornata è dire poco. «Scusi, mi può rifare la domanda?». Il quesito non era dei più difficili: «Si aspettava questo risultato?». Il candidato della sinistra esita: «Il vento è cambiato e girando per la città l’avevo capito, ho avuto un consenso che molti non si aspettavano e che io percepivo, anche se non a questo livello».
L’avvocato della sinistra radicale ha chiuso il primo turno con un netto vantaggio sul sindaco uscente, Letizia Moratti. Difficile dire se ha raschiato il fondo del barile e accumulato il massimo dei voti possibili. Gli entusiasti sommano la sua percentuale a quella dei grillini che hanno scelto il ricciolino ventenne Mattia Calise, sentono la vittoria del ballottaggio in tasca.
Nei capannelli dove si discute di politica, l’entusiasmo lascia spazio alle strategie per il futuro e le perplessità non mancano. I voti delle liste dicono che la sinistra si è mobilitata in massa, invece il centrodestra sembra essere rimasto a casa, i leghisti sono stati svogliati, i moderati «dormienti». Un segnale politico forte e chiaro, che però proprio per questo potrebbe cambiare di segno al secondo turno. Insomma, l’esito del ballottaggio è tutt’altro che scontato e i politici della sinistra lo sanno.
Ma sono quattordici anni che a Milano Pd e compagni prendono solo mazzate e la boccata d’ossigeno dà subito alla testa. Al teatro Elfo Puccini trasformato in comitato elettorale tutti gridano ogni volta che i maxischermi si sintonizzano sulle proiezioni. «Buuu» a ogni passaggio in video di politici del centrodestra, applausi quando i numeri in arrivo da Bologna lasciano profilare la vittoria del centrosinistra, boati appena appare il volto di Piero Fassino, fastidio quando si materializza Roberto Maroni dal Viminale.
Gli schermi sono tutti sintonizzati con Enrico Mentana su La7, giornalisti e microfoni inseguono Giuliano Pisapia come uno sciame impazzito, ma lo staff ha le idee chiare: lui deve rilasciare la prima intervista al Tg1. Massimo dell’audience e dell’establishment. Il candidato si adegua. Strategie per il secondo tempo della partita? «Continuerò a parlare con i milanesi dei problemi di Milano».
Uno dopo l’altro, arrivano i volti noti della sinistra milanese. Entra Stefano Boeri, l’archistar dell’Expo candidato dal Pd e travolto da Pisapia alle primarie, la Milly Moratti gongolante per l’insuccesso della cognata: «Speravo in questo scatto di Milano. Così non poteva proseguire neanche economicamente».

In prima fila Piero Bassetti, ex presidente della Regione Lombardia, democristiano, che in un’intervista a Repubblica alla vigilia del voto ha paragonato la Moratti a una «bottegaia». La platea è ipereccitata. Pisapia si confessa su Twitter: «È un’iniezione di adrenalina».

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