La pesante sentenza sul rogo Thyssenkrupp è giusta, ma «non deve diventare pretesto di sciacallaggio politico»: è lopinione del professor Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro alluniversità di Modena e direttore del centro studi intitolato a Marco Biagi. Enfatizzare laspetto sanzionatorio «è una prospettiva asfittica».
La sentenza è stata definita «epocale»: condivide questo giudizio?
«Che sia una sentenza nel suo genere innovativa è fuori discussione. Per la prima volta un giudice si spinge ad affermare che nel non rispettare le più basilari regole della normativa di tutela della salute e sicurezza sul lavoro vi fosse una chiara rappresentazione del possibile rischio sui lavoratori. Che la sentenza possa invece rappresentare una svolta epocale è presto da dire. Aspettiamo le motivazioni».
Lei aveva definito assurdo il rinvio a giudizio dei manager Thyssenkrupp: si può pensare che un datore di lavoro voglia uccidere i propri dipendenti?
«A suo tempo ho definito assurdo il tentativo di fare di ogni erba un fascio e cioè, prescindendo alla circostanze del caso concreto che competevano e competono alla magistratura, alimentare una polemica secondo cui tutti gli imprenditori sono dei rapaci parassiti che fanno profitti sulla pelle dei loro collaboratori. Non è questo che vogliono gli imprenditori che sanno anzi bene come la loro fortuna dipenda dal benessere e della motivazione delle persone che lavorano in azienda».
La Corte dassise di Torino ha emesso una sentenza «giusta» o una sentenza «esemplare»?
«È una sentenza giusta che rischia anche di essere esemplare se richiamata a sproposito e a fini di sciacallaggio politico. Non capisco per esempio quei commenti di alcuni osservatori, anche autorevoli, che hanno utilizzato la sentenza per alimentare una polemica tutta politica sulle azioni del governo Berlusconi in materia di lavoro. La sentenza dimostra semmai che nessun diritto e nessun impianto sanzionatorio sia stato smantellato».
La sentenza rende giustizia alle famiglie, ma allopinione pubblica arriva il messaggio che lazienda è sempre «cattiva» e i manager sono criminali. È daccordo?
«La sentenza purtroppo rende solo parziale giustizia alle famiglie che mai avranno indietro i loro cari. Certo, da noi limpresa non gode sempre di buona stampa e ancora facciamo fatica a capire che, invece, limpresa in sé è un valore perché crea ricchezza, dà occupazione e prosperità. Un atteggiamento negativo, che evoca lidea del padrone feroce, è alla lunga controproducente proprio per chi lalimenta ossessionato dalle ideologie del passato».
I giudici hanno punito pesantemente anche lazienda in quanto tale con multe salatissime, lesclusione dalle agevolazioni pubbliche, il divieto di pubblicità. Condivide tanta severità?
«Ripeto, occorre leggere le motivazioni. A quanto pare, vi sono state violazioni gravissime delle più elementari regole di sicurezza per risparmiare sui costi. Cosa inaccettabile».
È daccordo con il sindaco di Terni (di centrosinistra) secondo il quale «la sentenza è troppo punitiva verso lazienda perché metterà in difficoltà gli stessi lavoratori»?
«Capisco il sindaco di Terni. Cè il rischio che imprese straniere scappino dallItalia. Ma questo non deve spaventarci. La tutela della vita del lavoratore è un valore non negoziabile».
La Costituzione, all'articolo 41, riconosce «utilità sociale» allattività imprenditoriale: una sentenza così pesante non preclude proprio tale finalità?
«La Costituzione dice anche che non può svolgersi in modo tale da recare danno alla sicurezza delle persone».
Enfatizzare il lato sanzionatorio è la strada migliore per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro?
«Si è sempre dimostrata una prospettiva asfittica e di scarsa lungimiranza. La via maestra è e resta quella della prevenzione e del controllo sociale anche mediante logiche bilaterali e modelli partecipativi».
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