Roma - La radicale Emma Bonino vota contro il ddl Mastella. Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, ne critica un passaggio sul Csm. Paolo Ferrero di Prc è perplesso sullo stesso punto. E il Verde Alfonso Pecoraro Scanio annuncia modifiche in parlamento.
L’ordinamento giudiziario con il quale il Guardasigilli modifica la riforma Castelli viene approvato dal Consiglio dei ministri tra le polemiche. E la sua strada non si preannuncia facile.
La riforma vuole riconciliare governo e magistrati: l'«ascia di guerra» è stata deposta, dice Clemente Mastella, e dal governo Prodi non verrà «nessuna incursione piratesca» nei confronti di magistratura e Csm. Tra le novità: verifiche di professionalità ogni quattro anni, con conseguenze sugli stipendi o addirittura rimozione; cambio di regione per i giudici che passano a fare i pm o viceversa; controlli ogni due anni per i capi degli uffici che, se inadeguati, perdono l’incarico; ingresso in magistratura con concorso di secondo grado; ritorno a 30 consiglieri nel Csm. La separazione delle funzioni tra giudici e pm, tanto avversata dalle toghe, viene annacquata invece di avvicinarsi alla netta separazione che chiedono gli avvocati e molti nella Cdl.
Soprattutto per questo c’è il «no» della titolare per le Politiche comunitarie. È la prima volta in nove mesi che la Bonino vota contro: per lei è «inaccettabile» l’impostazione globale del provvedimento, «agli antipodi dalle posizioni che appartengono alla Rnp e alla tradizione laica, liberale, socialista e radicale». Neppure si rispetta il programma dell’Unione, attacca, che prevede «un’efficace e rigorosa separazione di funzioni» per garantire parità tra accusa e difesa.
Non solo la Bonino, ma anche Di Pietro, Ferrero e Pecoraro Scanio promettono che faranno di tutto perché alle Camere il ddl sia corretto. E questo potrebbe allungare i tempi, anche se Mastella spera in un’approvazione entro luglio nei due rami del parlamento. Chiede anche il sostegno dell’opposizione che, invece, attacca duramente la riforma («una resa incondizionata ai magistrati» per l’azzurra Jole Santelli), applaude la Bonino e deride il governo «diviso su tutto», come dice l’ex-Guardasigilli leghista Claudio Castelli.
In Consiglio dei ministri Di Pietro pretendeva una riforma entro 15 giorni dell’ex-Cirielli e Mastella assicura che «tra non molto» si interverrà sulla legge della Cdl per la prescrizione. Ma all’ex pm di Mani Pulite, titolare delle Infrastrutture in perenne attrito con il Guardasigilli, nell’ordinamento giudiziario non piace la modifica dell’ultim’ora che sul riassetto degli uffici giudiziari non parla di «concerto» tra ministro e Csm, ma dice solo che il Giardasigilli decide «sentito» Palazzo de’ Marescialli. Il ministro della Solidarietà sociale Ferrero è d’accordo con lui. E Pecoraro Scanio spinge perché il Parlamento corregga il testo. Se dietro ognuno dei ministri c’è un partito dell’Unione, alle Camere se ne vedranno delle belle.
Mentre si vara il ddl, alla Camera si presenta una proposta di legge costituzionale che rilancia la separazione delle carriere di Rnp (da Boselli alla Berardini), esponenti del Nuovo Psi e dei repubblicani e il Ds Peppino Caldarola. Tutti annunciano «guerra parlamentare» al testo del Guardasigilli. Meno male che c’è Massimo Brutti dell’Ulivo a dire che è «una buona base di partenza», augurandosi un «confronto costruttivo» su un testo che non sarà blindato.
La bocciatura dell’opposizione è netta. Dice Giuseppe Gargani di Fi: «Il ddl rappresenta la volontà non di garantire l’indipendenza della magistratura ma la subordinazione della politica e dei politici al potere giudiziario. È una proposta che non fa onore al governo».
L’Anm, che voleva modifiche sull’organizzazione delle Procure, per ora tace.
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