Milano - L’accanimento giudiziario contro il premier? Più che di feeling, è questione di cifre. Già, perché il feeling alla rovescia che fa sì che Silvio Berlusconi, suo malgrado, sia il «bersaglio» preferito di alcune procure d’assalto come Milano,viene svelato anche dai numeri: perché proprio Milano, il pool di punta della corazzata anti-Cavaliere delle toghe, è da anni al top delle classifiche per quanto riguarda il numero di intercettazioni, telefoniche e ambientali. Nel 2007 ne ha fatte 17.357, più del doppio di Roma, che si è fermata a 8.544, persino più di Palermo, che pure contro il Cav s’impegna mica poco. Ma tant’è, per la causa mica si può stare a sottilizzare sulle forze in campo. E visti i frutti di certe inchieste, meglio pescare a strascico, ascoltando a tappeto conversazioni che qualcosa su cui costruire un castello d’accuse prima o poi si tira fuori, il Rubygate insegna. Tanto poi, se va a finire a tarallucci e archiviazione - vedi a Napoli le intercettazioni tra il premier e l’allora direttore generale della Rai Agostino Saccà - nessuno paga. A meno che a cambiare le cose non intervenga il sì alla proposta di legge appena presentata dal Pdl - primo firmatario l’onorevole Luigi Vitali - che prevede l’introduzione del reato di «ingiusta intercettazione», con relativa riparazione per le vittime e sanzioni per i giudici.
Certo, proprio col Rubygate Milano fa un deciso salto in avanti verso il record dei record per intercettazioni. Le cifre relative all’inchiesta, rese note (e non smentite)dall’ultimo numero di Panorama , vanno al di là di ogni possibile immaginazione. Diciamola in numeri, giusto per comprendere l’entità dell’assalto concentrico cui il premier e chiunque si sia avvicinato a lui è stato sottoposto. E per di più, diciamola coi numeri di una fonte non sospetta,l’Associazione nazionale magistrati. Qualche mese fa il presidente del sindacato delle toghe, Luca Palamara, per sconfessare il presidente del Consiglio che aveva lanciato l’allarme sulle 150mila utenze intercettate nel 2009, che moltiplicate per almeno 50 contatti al giorno di ogni singolo telefono facevano qualcosa come sette milioni e mezzo di italiani spiati, aveva contrattaccato. I «bersagli» intercettati, aveva sostenuto il presidente dell’Anm, erano solo 132.384, e gli italiani intercettati meno di 40mila. In che modo? Semplice per l’Anm: riducendo il numero di contatti di ogni singolo intercettato e attribuendo a ciascuno degli spiati più di un telefono. La cifra precisa comunque poco importa. Perché i numeri del Rubygate vanno persino oltre: solo da fine maggio a oggi, e solo per tallonare i personaggi coinvolti nell’inchiesta e a cascata tutti i loro contatti, il pool di Milano ha già ascoltato circa 100mila conversazioni, tante sono quelle che figurano nell’invito a comparire recapitato al premier, tutte quelle di una trentina di persone che, a vario titolo, sono state captate nella speranza di inchiodare il presidente del Consiglio.Un’enormità.Quasi l’intero totale, solo per il sexygate con cui si tenta di abbattere il Cavaliere, degli «spiati» del 2009. E la cifra è anche per difetto, considerato che i numeri non comprendono tabulati acquisiti e intercettazioni che non figurano nella convocazione. Il «vizietto» dell’ascolto, a Milano come a Palermo, è antico. Già nel 2007 (ultimi dati ufficiali disponibili scorporati per distretti giudiziari) le procure anti Cav d’Italia si sono divise un primato: Milano quello di distretto giudiziario con il numero più alto di «bersagli» dei giudici (oltre 17mila), e Palermo quello di Procura in cui le intercettazioni disposte erano di meno (poco più di 10mila), ma in compenso costavano di più. Molto attive con cimici e microspie anche Napoli, con circa 16mila bersagli, e Roma, con appena 8.544, meno della metà di Milano.
Conversazioni rubate, privacy spiata e spiattellata in atti giudiziari, e conseguentemente sui giornali, senza complimenti. Proprio per porre un freno a questo malcostume che fa dell’Italia il Paese delle cimici, la proposta di legge di cui è primo firmatario l’onorevole Vitali, che vuole introdurre nel codice penale un nuovo articolo, il 315-bis,«concernente –recita il testo della norma – la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni». Il nuovo articolo, composto da sei commi,prevede in pratica l’obbligo di riparazione per chi, intercettato, viene assolto e per quanti,estranei all’indagine, siano finiti, senza che ce ne fosse motivo, nel tritacarne delle conversazioni spiate. La riparazione tutela i soggetti estranei alle indagini i cui colloqui siano stati pubblicati, e stabilisce il risarcimento sino a un massimo di 100mila euro.
La norma, che dovrebbe avere una retroattività di cinque anni, chiede anche che il ministro di Giustizia e il Pg della Cassazione valutino la sussistenza di profili disciplinari per i pm e per i giudici che hanno chiesto e autorizzato le ingiuste intercettazioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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