Governo, Berlusconi incassa il sì pure al Senato Ora punta alle colombe, ma teme la trappola Fli

Berlusconi sospetta che sia in atto una manovra a tenaglia per farlo fuori. Il ricatto dei futuristi: la testa di La Russa in cambio della pace. Cacciari a Fini: "Non può restare alla presidenza"

Governo, Berlusconi incassa il sì pure al Senato 
Ora punta alle colombe, ma teme la trappola Fli

Roma - Il Cavaliere bianco e il Cavaliere nero. Il primo alle prese con il profilo «alto» e «nobile» che auspicano le colombe guidate da Gianni Letta, il secondo sempre più convinto che l’azione di logoramento di Fini sia comunque destinata a continuare e che ogni tentativo di dialogo sia ormai solo un’inutile ipocrisia. Sarebbe meglio, è quello che in cuor suo pensa Berlusconi, mettere la parola fine a questo teatrino.

La ragion politica, però, impone prudenza. Soprattutto davanti a sondaggi che fotografano un elettorato di centrodestra stufo dei continui litigi degli ultimi mesi e fortemente tentato dall’astensione. E senza dimenticare i segnali arrivati ancora nelle ultime ore dal Quirinale: in caso di crisi di governo, le elezioni anticipate sono una delle strade possibili. Un concetto che con alcuni ministri Letta traduce così: del voto non c’è certezza. Tutte considerazioni che pesano nei ragionamenti fatti di prima mattina a Palazzo Grazioli. Così, dopo essersi morso la lingua alla Camera, nel suo intervento al Senato il premier segue sì la linea del dialogo (con tanto di espresso riconoscimento politico al Fli) ma senza rinunciare a ribattere alle accuse dell’opposizione. Con tanto d’ironico «così ci divertiamo un po’» visto che «stamattina qui si dormiva».

Mano tesa a Fini, dunque. Complice anche il clima che si respira al Senato, dove il capogruppo del Fli Viespoli non ha mai usato i toni di Bocchino. E con presa di distanze dai giornali vicini al centrodestra che in questi ultimi mesi hanno seguito il filone Montecarlo. Un assist non tanto al presidente della Camera quanto alla pattuglia finiana, per dimostrare che non ci sono riserve né preclusioni preventive. E il messaggio che il Cavaliere vuole mandare deve arrivare forte e chiaro, al punto che nel pomeriggio il premier convoca Gasparri e La Russa a Palazzo Grazioli. Appuntamento dopo Annozero, dove sarà ospite il ministro della Difesa (che poi incontrerà il premier prima di andare da Santoro), per spiegare a due dei più agguerriti avversari di Fini che è arrivato il momento di abbassare i toni.

La partita, però, rimane aperta e intricata. Perché tra Berlusconi e Fini resta il gelo e la diffidenza assoluta di un rapporto ormai irrecuperabile. E perché dietro ogni angolo c’è il timore della manovra a tenaglia per dare la spallata al Cavaliere. A Palazzo Grazioli, infatti, non passa inosservata l’anticipazione dell’Espresso secondo cui Schifani sarebbe indagato a Palermo per mafia. Notizia smentita dalla procura ma che tiene banco tutto il giorno. E se è vero che Fini chiama il presidente del Senato per esprimergli solidarietà, a Palazzo Chigi non dimenticano una sibillina dichiarazione di Granata di qualche settimana fa. Quando il pasdaran finiano, puntò il dito sulla «lapidazione mediatica» dell’ex leader di An e sul silenzio nei confronti di Schifani per «alcune questioni delicatissime antecedenti il suo attuale ruolo» che «meritano approfondimento» nelle «sedi opportune». Detto dal vicepresidente dell’Antimafia si tratta ovviamente di un caso. Come casuale è la riflessione che fa Berlusconi durante un incontro con alcune senatrici a Palazzo Madama a cui ribadisce la convinzione che Fini stia lavorando di sponda con alcune procure per logorarlo. Il problema, aggiunge, non è Montecarlo ma il fatto che un presidente della Camera che fonda un partito sarebbe logico si dimettesse.

Così, anche la suggestione di un governo che possa mettere mano alla legge elettorale rientra nella stessa partita. Alla Camera, infatti, un asse inedito Fli-Udc-Pd chiede il riavvio delle varie proposte di legge in materia. E se Viespoli invita il premier a «raccogliere la sfida», le repliche di Bondi, Quagliariello e Alfano lasciano trasparire una certa diffidenza verso quello che viene considerato un primo passo verso un governo tecnico che escluda Pdl e Lega.

«Un’ipotesi parafascista», dice il ministro della Giustizia.

Strada in salita, dunque. E occhi puntati sulla prossima settimana quando alla Camera si aprirà il valzer del rinnovo delle presidenze di Commissione. E Pdl e Fli non si potranno limitare a un’intesa di facciata.

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