Roma - Prodi, D’Alema e Parisi le hanno provate tutte per convincere la Sinistra arcobaleno a dire sì al decreto di rifinanziamento delle missioni estere. Ma non ce l’hanno fatta e ieri in commissioni riunite Esteri e Difesa alla Camera la Cosa rossa ha bocciato in toto il dl, passato grazie al voto favorevole dell’opposizione.
Eppure il governo aveva cercato di indorare la pillola in ogni modo. A partire dall’articolo 1 del decreto riguardante gli interventi di cooperazione allo sviluppo. Ben 94 milioni di euro (oltre 180 miliardi delle vecchie lire) sono stati destinati al «miglioramento delle condizioni di vita della popolazione» e al «sostegno alla ricostruzione civile». Tale importo si aggiunge ai 732,8 milioni già previsti dalla tabella C della Finanziaria 2008. Questo è il primo stratagemma: liberare altre risorse per la cooperazione oltre a quelle già previste dalla legge di bilancio per ingraziarsi la sinistra radicale. Un chiaro segnale della volontà governativa di «comprare» il consenso dei potenziali dissidenti.
Il secondo stratagemma è più raffinato e lo si desume dall’intervento del viceministro degli Esteri, Ugo Intini, in commissione. «Al fine di assicurare maggiore flessibilità nella ripartizione dei finanziamenti - ha detto Intini - si è ritenuto preferibile indicare nella norma l’ammontare complessivo destinato alla realizzazione di interventi di cooperazione anziché precisare gli importi relativi agli interventi in ciascun Paese». Un’innovazione non da poco perché consente di rimodulare la spesa a seconda delle necessità e, soprattutto, delle sensibilità politiche.
Ma a che cosa serviranno in concreto questi stanziamenti? La risposta è nella relazione tecnica che accompagna il decreto. In Afghanistan ricostruzione civile, in Irak sviluppo rurale e agro-industria, in Somalia e Sudan interventi umanitari e in Libano interventi bilaterali nei settori delle risorse idriche e della gestione dei rifiuti e dell’energia. Ebbene sì, per convincere comunisti e ambientalisti a votare il decreto si è cercato di invogliarli anche con i termovalorizzatori libanesi, cioè con quel tipo di opere che a Napoli e alla Campania farebbero tanto comodo ma che proprio per i diktat della sinistra radicale non sono mai state realizzate.
Poteva la Cosa rossa smentire se stessa? Ovviamente no, così niente inceneritori né ad Acerra né nella Valle della Bekaa. A monte della decisione, come sempre, c’è la storica contrarietà alle missioni internazionali di pace in Afghanistan, Irak e Kosovo. Per cui il tentativo del premier dimissionario Prodi e dei suoi ministri di recuperare terreno con i pacifisti «senza se e senza ma» è andato a vuoto.
Ma quanto sarebbero costati i termovalorizzatori libanesi? L’unico punto di riferimento (come evidenziato dal quotidiano Italia Oggi che ha sollevato la questione) è il precedente decreto di rifinanziamento approvato nel marzo dell’anno scorso che stanziava 30 milioni per gli interventi nel Paese dei cedri. L’ammontare, quindi, dovrebbe aggirarsi su quell’ordine di grandezza. «Se il centrosinistra non è riuscito a costruire gli inceneritori in Italia, dubito che riesca a farlo in Libano», ironizza Dario Rivolta, deputato di Forza Italia e componente della commissione Esteri. «Comunque - aggiunge - la Sinistra arcobaleno è già in campagna elettorale e quindi non ha voluto sentire ragioni».
Come ha spiegato Iacopo Venier, responsabile Esteri del Pdci, «la caduta del governo Prodi e la scelta unilaterale del Pd di rompere l’alleanza fanno venir meno le garanzie minime». Le avvisaglie c’erano già state in Consiglio dei ministri il 25 gennaio, all’indomani della disfatta al Senato Ferrero, Pecoraro Scanio e Bianchi non parteciparono al voto. Quindi nulla è cambiato tranne il fatto che, essendo il decreto in attesa di conversione, gli stanziamenti sono disponibili e utilizzabili.
Certo, vedere il ministro dell’Ambiente avallare impianti di trattamento dei rifiuti e inceneritori, mentre in Italia è tutto un florilegio di cavilli, sarebbe stato, per certi versi,
paradossale come lo è stato spesso il centrosinistra nei suoi venti mesi di governo. Ma alla fine, con le elezioni alle porte, hanno prevalso i vecchi slogan della «sporca guerra» e delle mani di Bush che «grondano sangue».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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