Roma - Eccoli. Sono notabili, ex deputati, senatori emeriti, candidati eterni, personaggi da riciclare, trombati vari. Sono gli squali da sottogoverno, che da qualche giorno nuotano nervosamente in circolo davanti alle porte, ancora chiuse, di Palazzo Chigi.
Mario Monti trascorre «una domenica di lavoro» prima di partire per il suo tour europeo a Bruxelles e Strasburgo. Ma intanto c’è una squadra ancora da completare, ci sono una trentina di poltronissime da assegnare e c’è un lungo elenco di aspiranti di professione in impaziente attesa di sistemazione. Il professore prende tempo. La partita sarà complicatissima, avvelenata dai veti reciproci, dalle diffidenze e soprattutto dalla condizione posta dal premier: i sottosegretari devono essere tecnici e devono venire scelti dai ministri. Ma dopo essere rimasti fuori dalla prima lista di governo, i partiti adesso vorrebbero rifarsi. E i più famelici sembrano quelli del Terzo Polo.
L’esecutivo Monti deve essere completato con una quarantina scarsa di incarichi. Quattro viceministri serviranno all’Economia, dicastero sul quale il presidente del Consiglio ha mantenuto la delega. Uno forse verrà nominato per la Salute. Gli altri saranno sottosegretari. Tecnici o politici? La soluzione potrebbe essere una rosa indicata dai partiti. Le quote sono state già divise: 15 per il Pdl, 15 per il Pd e 7 per i centristi di Casini-Fini-Rutelli (tre all’Udc, due al Fli, uno ciascuno all’Api e all’Mpa). Pdl e Pdi hanno più o meno lo stesso problema, sono assillati da ex parlamentari e da portaborse alla ricerca di un posto al sole, ma non vogliono mettere troppo la faccia, indicando candidati riconoscibili, in un gabinetto che non sentono loro fino in fondo. Bersani, che non vuole dare l’immagine di un governo di larghe intese, potrebbe avere difficoltà con la sinistra del partito e la Cgil quando l’esecutivo taglierà la spesa sociale o prenderà provvedimenti sul mercato del lavoro. Alfano vuole mantenersi a debita distanza da un governo al quale a un certo punto dovrà staccare la spina.
Il Terzo polo invece non ha queste ritrosie. L’Udc, anzi, ripropone il vecchio manuale Cencelli e spinge perché la squadra di Monti venga irrobustita con sottosegretari politici, o quantomeno con «tecnici di area» riconoscibili, capaci di fare da cinghia di trasmissione tra esecutivo e Parlamento e abili a muoversi nelle commissioni e nel pantano dei regolamenti di Camera e Senato. Spiega Gianpiero D’Alia, presidente dei senatori dell’Udc: «Il governo Monti deve dare all’Italia una prospettiva di crescita e sviluppo e deve farla uscire dalla crisi. Ma per farlo serve un gabinetto credibile».
Si lotta dunque per posti-chiave, da dove si può esercitate una certa azione di controllo sull’esecutivo e si può mettere una base per il futuro. Dice Antonio Landolfi: «Dalle sue mosse, mi sembra che l’obbiettivo dell’Udc sia quello di togliere centralità al Pdl e di costruire un centrodestra a trazione democristiana. Casini ha detto mille volte no a Silvio Berlusconi semplicemente perché intralciava questo progetto».
Il Pdl ovviamente vuole bloccare la manovra.
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