Roma - I corteggiamenti a Casini e le trattative per allargare la maggioranza allo scopo di navigare con più tranquillità verso il traguardo di fine legislatura proseguono a oltranza. Da una parte la Lega scalpita e continua a mandare segnali di scetticismo visto che per il Carroccio il leader dell’Udc resta più o meno fumo negli occhi. Dall’altra Berlusconi ostenta ottimismo e continua a dirsi fiducioso di poter andare avanti. Nella maggioranza nessuno vuole fare la fine di Prodi e, soprattutto i leghisti, mettono in guardia il Cavaliere azionando il refrain: «Non possiamo farci logorare e se il treno del federalismo rallenta siamo disposti anche a staccare la spina noi».
Di fatto i negoziati con i centristi proseguono. Gli ultimi boatos parlano di un megarimpastone di governo in cui le caselle da mescolare non riguarderebbe soltanto la decina attualmente vacante. Oltre ai posti lasciati vuoti dai finiani, si potrebbero liberare pure le poltrone del ministero della Cultura e quella della Difesa. Con la prima, ora occupata da Sandro Bondi, si risolverebbe anche il problema della mozione di sfiducia che incombe sulla testa dello stesso Bondi. La seconda, invece, si libererebbe perché per l’attuale ministro, Ignazio La Russa, scatterebbe una sorta di incompatibilità rimanendo il solo ad essere sia ministro sia coordinatore nazionale di partito. Certo è complicato trovare la quadra in un gioco in cui qualcuno deve fare un passo indietro ma questa sarebbe una delle ipotesi che circola con insistenza. Il tutto per convincere Casini a rompere gli indugi e correre in soccorso all’esecutivo, magari con qualche lusinga in più. Per esempio, qualche carica negli enti pubblici. Insomma, le trattative proseguono e le questioni aperte sono molte: Casini, per esempio, sarebbe disposto a concedere la clemenza al ministro Bondi qualora quest’ultimo non si dimettesse di sua spontanea volontà. In cambio il Pdl allenterebbe il pressing per strappare deputati udiccini, allergici al terzo polo, e travasarli nel gruppo di responsabilità. Poi c’è la Chiesa: Oltretevere non vedono di buon occhio l’alleanza tra il cattolico Casini e il troppo laicista Fini e preferirebbero l’Udc alleato al Pdl. Ma Pier Ferdinando non se la sente di saltare sul carro berlusconiano di punto in bianco e dovrebbe avere qualche appiglio in più per motivare una simile mossa ai propri elettori. Così per adesso preferisce mandare segnali di non belligeranza al governo restando all’opposizione e garantendo il ruolo di ammortizzatore delle posizioni più antiberlusconiane di Bocchino e soci.
Una strategia, questa, che si intreccia con l’altro nodo in campo: quello della sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento, prevista attorno al 25 gennaio. Una data che potrebbe fare da prossimo spartiacque politico. Se infatti la Consulta dovesse bocciare lo scudo giudiziario per il premier, il Cavaliere, si mormora, sarebbe tentato di rompere gli indugi e dar fiato alle trombe della richiesta di urne. Berlusconi si presenterebbe come un perseguitato elevato al cubo: vittima sia del gioco di palazzo finiano che ha mandato in frantumi maggioranza, governo e bipolarismo; sia della magistratura politicizzata che da quando Berlusconi è entrato in politica cerca di disarcionarlo a colpi di sentenze. Tuttavia sono sempre più attendibili le voci di una non bocciatura del legittimo impedimento da parte dei quindici giudici della Corte costituzionale e in questo caso il Cavaliere sarebbe più tranquillo per andare avanti e dedicarsi a contenere le frenesie della Lega, attratta dalle elezioni anticipate.
Ma soprattutto avrebbe più tempo a disposizione per siglare un patto con i centristi per arrivare al 2013. Un patto in cui vincerebbero tutti tranne uno: Fini. La mission dell’allargamento della maggioranza passerà attraverso un pit stop del programma di governo.
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