Il governo smantella la legge sul risparmio

Per i bond vengono ridotti i casi in cui il prospetto è obbligatorio

Fabrizio Ravoni

da Roma

Il Consiglio dei ministri di venerdì discuterà, e con ogni probabilità approverà, un decreto legislativo destinato a rivoluzionare (o, per meglio dire, smantellare) la legge di riforma del risparmio. Legge nata, dopo una lunga gestazione, proprio per evitare altri casi finanziari sul modello Parmalat e Cirio, che fu fortemente voluta da Giulio Tremonti.
Cinque i punti più controversi del provvedimento.
Autorizzazioni. La Banca d’Italia non dovrà più dare l’autorizzazione preventiva per emissioni di strumenti finanziari superiori ai 100 miliardi di vecchie lire. Le aziende che intendono collocare titoli mobiliari per valori anche superiori al tetto, dovranno limitarsi a una comunicazione. Sarà poi compito dell’Autorità di vigilanza raccogliere dati ed informazioni; ma solo a consuntivo.
Conflitto d’interesse. Si torna all’antico. Gli amministratori di società collegate e/o appartenenti allo stesso gruppo bancario potranno «contrarre obbligazioni di qualsiasi natura» od ottenere finanziamenti senza autorizzazione del consiglio di amministrazione.
Vengono infatti esclusi dal rispetto dell’art.136 del Testo unico bancario, che prevedeva l’autorizzazione.
Retail. Con la legge sul risparmio sono state introdotte norme più severe a difesa dei risparmiatori, nei confronti di prodotti finanziari destinati al largo pubblico. Soprattutto per quanto riguarda i prospetti. Con il decreto legislativo che verrà discusso venerdì dal Consiglio dei ministri l’obbligo al prospetto scatta solo nei casi di «sistematica» rivendita retail nei successivi 12 mesi all’emissione. E viene eliminato il principio della solvibilità per un anno. La nuova norma si ispira alla direttiva europea Mifid, sulla quale, però, la Banca d’Italia non ha ancora fornito il proprio parere.
Partecipazione rilevante. Per evitare intrecci azionari fra banche e imprese, e per evitare che gli azionisti-consiglieri di una banca si potessero indebitare con la stessa oltre determinati livelli, la legge sul risparmio aveva introdotto il principio di «partecipazione rilevante». Questo principio decade con il nuovo provvedimento. Il controllo sulle attività di rischio di un istituto di credito (prestiti) viene limitato solo su chi esercita «influenza sulla gestione della banca». Cioè, solo su chi esercita il controllo dell’azienda di credito. E non più sugli altri azionisti che siedono nel consiglio d’amministrazione. In compenso, la Banca d’Italia ha la facoltà di intervenire non più solo sulle «attività bancarie» degli azionisti-consiglieri di un istituto di credito. Ma su tutti i loro rapporti di «natura economica».
Guardia di Finanza. Con la legge sul risparmio le diverse autorità di mercato (Banca d’Italia, Consob, Antitrust) potevano avvalersi delle indagini di polizia giudiziaria condotte dalle Fiamme Gialle. I militari, individuati fatti penalmente rilevanti, avevano l’obbligo di informare le autorità competenti; che un’interpretazione estensiva individuava nella magistratura.

Con il decreto legislativo, la Guardia di Finanza deve esclusivamente riferire all’autorità di mercato per la quale ha svolto le indagini, senza più potersi rivolgere alla magistratura. Se questa norma fosse stata in vigore la scorsa estate, i «furbetti del quartierino» non sarebbero mai stati individuati.

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