Il governo taglia gli stipendi ma in piazza non scende nessuno

La mia borsa di dottorato di ricerca è scesa dagli 826 mensili degli anni 2005 e 2006 agli attuali 811 per l’anno 2007. Questo per effetto dell’aumento delle trattenute Inps dal 18% al 23%, di cui un terzo a carico del contribuente. Fin qui, poco male: ho una visione troppo ottimistica della vita perché una Finanziaria la possa scalfire. E poi, così dicono, sono soldi che serviranno a pagare la mia pensione: crediamoci. Di più: mi piace immaginare che tra variazione di Irpef e imposte varie alla fine il mio bilancio sarà positivo. Il fatto è che mi sono voluto togliere la soddisfazione di fare presente ai miei amici prodiani la mia diminuzione di stipendio, dicendo che tutto sommato a me i soldi servono ora: ho 27 anni, sono sposato, c’è un figlio in arrivo. Le reazioni sono state sostanzialmente monocordi: «Suvvia, cosa saranno mai 15 euro al mese in meno!».

Cosa sarebbe accaduto se tutto questo fosse successo con un governo di centrodestra? Anche solo per 50 centesimi avrebbero organizzato pullman pieni zeppi per Roma e avrebbero gridato allo scandalo per un esecutivo che affama i poveri per garantire pensioni che non saranno mai pagate. Sembra che esista una matematica di sinistra, secondo la quale, in tema di tasse, 10 sottratti da Prodi non equivalgano a 10 sottratti da Berlusconi.

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