Grande coalizione, lo spettro che agita il Pdl

RomaDifficilmente ci saranno riusciti, ma anche ieri sera i vertici del Pdl - Alfano, Verdini, La Russa, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello, Bonaiuti - si sono riuniti con Berlusconi a Palazzo Grazioli per fare il punto della situazione. In primo luogo discutere della riforma della legge elettorale, visto che la trattativa con il Pd continua, ma pure cercare di capire cosa abbia in testa il Cavaliere in vista della prossima legislatura. Tradotto: davvero l’ex premier considera comunque plausibile uno scenario in cui il prossimo governo sia in continuità con l’attuale magari in compagnia di Pd e Terzo polo? E cosa succederà se oggi si abbattesse sulle Borse l’ennesimo «venerdì nero» visto che ieri lo spread ha chiuso a 458 punti nonostante la Bce abbia abbassato i tassi dello 0,25%?
Un primo campanello d’allarme è suonato la settima scorsa, quando al pranzo del Ppe di Bruxelles Berlusconi e Casini si sono ritrovati in una sintonia che non si vedeva da anni. Con il leader Udc a elogiare davanti ai big del Partito popolare europeo il «responsabile» passo indietro dell’ex premier e il Cavaliere a gongolare per gli affondi rifilati alla Merkel e a Barroso, al punto di complimentarsi con Casini e ripetere più volte nei giorni successivi che il suo intervento è stato «ineccepibile». Passano pochi giorni e nel Pdl si apre il fuoco di fila di chi sostiene per la prossima legislatura lo schema della grande coalizione, fra tutti Frattini che - confida l’ex ministro ai suoi colleghi - prima di «uscire pubblicamente» avrebbe avuto «il placet di Berlusconi». Mettici ieri Cicchitto che, rispondendo alla Camera a Monti, ipotizza che il sostegno del Pdl al governo possa trasformarsi da «emergenziale» in «dinamico» ed ecco che il termometro nel partito di via dell’Umiltà sale vertiginosamente. Il segno di quanto i nervi siano tesi, visto che Cicchitto è uno che solo 24 ore prima ribadiva con forza che le ipotesi di grande coalizione sono «un aiuto a Grillo» e niente altro. Insomma, preoccuparsi per una sfumatura quando a parlare è uno da tempo critico con l’esecutivo e per di più convinto sostenitore dell’alternanza tra Pdl e Pd dà la misura di quale e quanta sia l’agitazione interna al partito di via dell’Umiltà. Il tutto, nonostante Alfano - ospite alle Governiadi organizzate a Bolsena dalla Lorenzin - provi a calmare gli animi assicurando che «le prossime politiche vedranno noi da una parte e il Pd e i suoi alleati dall’altra», che «Monti ha già detto che non si ricandiderà e siccome è persona seria gli credo» e che «se davvero Casini sarà alleato di Bersani» allora «il campo dei moderati avrà come unico protagonista il Pdl».
Il nervosismo, però, non si placa. Anche perché quello che in molti considerano un segnale «inequivocabile» è il congelamento delle primarie di cui pare nel Pdl non si faccia più parola. Anzi, nonostante Alfano le rilanci con forza, il refrain ormai è «se non le fa il Pd non le facciano neanche noi». Insomma, in molti temono sia quasi tramontate.
È per tutte queste ragioni che una buona fetta del Pdl ha ormai aperto una seria riflessione sul futuro e studia «via di fuga» alternative. Ufficialmente negano tutti, ma le riunioni ci sono state e la conta è iniziata. Perché se davvero Berlusconi pensa a un «pateracchio» insieme a Pd e Udc sono in molti che off record giurano di «non essere disposti a starci». Soprattutto gli ex An certo, ma anche un discreto numero di Forza Italia. A lavorare all’eventuale piano B è soprattutto La Russa che già da settimane scartabella le bozze dell’eventuale simbolo da utilizzare se davvero si arriverà ad una spaccatura del Pdl.
Già, perché allo stato è questo il tema. Con ottobre come dead line.

A quel punto, infatti, dovrebbe essere abbastanza chiaro se il Pdl sta imboccando la strada di una seria campagna elettorale o quella della grande coalizione. Chissà, se dalla riunione di ieri notte a Palazzo Grazioli uscirà qualche indicazione più chiara.

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