Le grandi manovre di Gheddafi sulla Tunisia

Questa volta per Gheddafi la tentazione è forte. È dal 1969, da quando è salito al potere, che il raìs sogna di espandersi a ovest, arrivare fino a Tunisi, e poi ancora più in là, al Mediterraneo. E oggi che la Tunisia ha il fianco scoperto, a Gheddafi viene l’acquolina. Il Paese è debole, soffre; la rivolta ha fiaccato un Paese già alla fame. Ben Alì è fuggito e il nuovo governo fa fatica a reggere. Da Tripoli Gheddafi guarda e pensa. Vede le masse insorgere. Tunisia, Egitto, e poi Marocco Algeria, fino ad arrivare alla Giordania e allo Yemen: polveriera Maghreb, così la chiamano gli analisti.
Il raìs sa che hanno ragione. Non c’è da fidarsi di quella rabbia collettiva, il lancio delle pietre potrebbe arrivare lontano e colpire anche lui. E quando martedì è esplosa la rivolta anche in Egitto, Gheddafi ha cambiato idea sulla rivoluzione tunisina. «Non possiamo essere contro la volontà del popolo tunisino. Noi siamo con loro».
Un discorso completamente diverso da quello fatto un paio di giorni prima, quando dallo stesso palazzo si affacciava e giurava: «Ben Ali resta il legittimo presidente della Tunisia. Non c’è nessuno che possa governare il Paese meglio di Ben Ali». In questi giorni le cose per il colonnello devono essere cambiate. «Se il popolo ha scatenato la rivoluzione - ha spiegato - ha il diritto di darsi un governo. Io non posso che sostenere questo orientamento, se si indirizza verso il potere delle masse».
Poi il colpo finale: «Ciò che accade in Tunisia è di primario interesse per la Libia. Ma io ho paura che la rivoluzione del popolo tunisino venga rubata al popolo tunisino. Ci sono manovre all’interno e da parte di interessi stranieri».
Le valutazioni non sono facili. Qui tutto cambia giorno per giorno. Lo stesso leader libico prepara diverse strategie. Il colonnello vuole restare in sella, si muove in fretta, cerca nuovi alleati e scarica il vecchio Ben Ali. Gira le spalle a questa amicizia iniziata nel 2004, proprio quando Muammar sembrava cambiato per sempre, quando annunciava di voler intrecciare rapporti economici con Tunisi e rinunciare alle armi di distruzione di massa. Eppure tra i due Paese c’è stato odio e sangue. Era il 1980 quando Gheddafi perse la pazienza. Dopo quindici anni di rapporti tesi e un clima da guerra fredda, il 26 gennaio un commando proveniente dalla Libia si impadronì della città di Gafsa. «Un movimento che porterà alla liberazione del popolo tunisino», dicevano gli uomini del commando. Una minaccia debellata dall’intervento della Francia. Ma oggi la situazione è cambiata. Con quasi tre miliardi di dollari di interscambio, la Libia è al quinto posto negli scambi commerciali.

«Oggi a tremare - spiega Le Monde- restano i leader dell’opposizione tunisina. Sanno che il raìs possiede le leve per intervenire a Tunisi. E non si tratta solo di leve economiche». L’influenza di Muammar è forte e lui non vuole certo rischiare di cedere il posto.

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