Alle 11.45 in punto Silvio Berlusconi esce dallascensore del settore Q allospedale San Raffaele, avvolto nel suo giubbotto scuro col bavero alzato, le guardie del corpo che gli aprono la strada e un medico che lo segue, oltre alla sua segretaria Marinella. Si volta per un attimo verso luscita dove lo aspettano i cronisti e poi si infila nella sua Audi grigia. La macchina rallenta un istante davanti alle telecamere e agli obiettivi e con un cenno della mano il premier saluta dal finestrino i giornalisti. Ha il viso ancora bendato da una fasciatura bianca e vistosa che gli copre il naso e il labbro superiore lasciando intravvedere i lividi di quel terribile colpo di domenica sera. Sorride e poi scompare nel traffico di Milano verso lo studio di un dentista e poi la sua residenza ad Arcore. In un attimo lospedale si svuota. Niente più poliziotti e carabinieri a presidiare lingresso, niente più telecamere e giornalisti da tenere a bada. E tutto torna come prima.
Nella sua stanza al settimo piano sono rimasti soltanto pochi segni di quella degenza durata quattro notti. Una mazzetta di giornali su un tavolino e i vassoi con lultima colazione consumata poco prima di essere dimesso. Un vasetto di yogurt alla frutta che è ancora lì sul mobile, intatto e un mazzo di fiori di qualche giorno fa, un pacchetto di biscotti in una bacheca di vetro e tre candeline. La camera del presidente del consiglio è la 713, un color pesca tenue alle pareti e le piastrelle blu nel bagno con vasca. Accanto a lui quella delle guardie e della sicurezza. Dal terrazzo del salottino, dove Berlusconi riceveva i suoi ospiti, entra unaria gelida che arriva fino nel locale accanto dove cè il suo letto. Larmadio è completamente vuoto e la televisione nascosta in un angolo sulla destra. Sul comodino ci sono ancora le boccette delle ultime medicazioni.
Raccontano dal settimo piano che il presidente è stato un ottimo vicino di stanza. Un po ingombrante, daccordo, ma in fondo ha animato queste gelide giornate dinverno con tutto quel passaggio di persone famose, polizia e onorevoli che mai si erano visti così tanto allinterno dellospedale. Dicono i suoi compagni di degenza che ieri mattina la prima cosa che il premier ha voluto fare è stato ringraziare tutti, pazienti, infermieri e capi-reparto. «Fatemi salutare i miei compagni di stanza» ripeteva ai suoi collaboratori mentre stringeva le mani degli malati. «Ci ha fatto anche gli auguri di Natale e di Buon Feste» spiega il signor Enzo. Lui viene dal Sud e mai prima dora aveva visto il presidente del consiglio in persona. «Ma lho visto bene, sì, stava bene ed era di buon umore». Tiene stretto sottobraccio una copia di Repubblica e confessa che mai si sarebbe aspettato, accompagnando qui i suoi cari per la degenza, di essere in qualche modo vicino di stanza del premier. «E sa, mi ha fatto anche cambiare idea. Perché non è che io sono proprio dalla sua parte, politicamente parlando. Ma lho trovato molto cordiale e simpatico. Si vede che gli piace stare in mezzo alla gente».
Sono le 12.15 e la piazza di fronte al settore Q che fino a qualche ora fa era presidiata dalle forze dellordine è vuota, cè solo il presepe e i cartelli appesi fuori dalle cancellate a ricordare quello che è successo in questi giorni. Le guardie del corpo escono dallascensore con le borse del presidente, hanno dovuto fare almeno due viaggi per portarle giù tutte. Ci sono pacchi, pacchetti.
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